Avatar: la via dell'acqua

Avatar: la via dell’acqua. Un universo incredibile per una trama deludente

Redazione Recensioni
REDAZIONE RECENSIONI
Film
James Cameron Zoe Saldana
La via dell’acqua è un film visivamente all’avanguardia, ma è prevedibile e banale – Voto UVM: 3/5

 

Dopo una lunga attesa di ben 12 anni, arriva nelle sale cinematografiche il nuovo capitolo della saga di Avatar, scritto e diretto dal noto regista James Cameron (Titanic, Terminator).  Ancora una volta veniamo catapultati nel mondo di Pandora, seguendo le vicende di Jake Sully, protagonista già del primo film, e del popolo dei Na’vi.

Molte aspettative erano riposte su questa nuova creazione di Cameron, dopo gli incassi folli del primo capitolo. Si è parlato di un’attesa di incassi totali di 2 miliardi. Al momento Avatar: la via dell’acqua non sta deludendo le aspettative. Si è guadagnato il terzo posto per incassi del primo giorno di uscita del periodo post covid, dopo Spiderman: no way home e Doctor Strange nel multiverso della follia.

Avatar: dove eravamo rimasti

Dopo aver sfruttato fino all’osso il pianeta Terra, gli umani approdano su Pandora per poterne sfruttare le risorse. Qui entrano in contatto con i Na’vi, il corrispettivo della razza umana su Pandora. Si tratta di una specie più alta, più forte e più veloce dell’uomo, e con una forte connessione con la natura e tutte le sue creature. Gli umani per arrivare alla maggiore fonte di energia di Pandora, devono entrare in contatto con le tribù di nativi.

Tra questi Jake Sully, militare umano, viene mandato come infiltrato in un villaggio, per studiarli.  Per farlo gli viene creato un corpo uguale a quelli dei Na’vi a cui la sua mente viene collegata. Qui Sully scopre grazie a Neykiri,  interpretata da Zoe Saldana (Teneramente folle), una nativa, le bellezze della natura di Pandora e del forte rapporto che c’è tra gli esseri viventi e la terra.

Gli umani, arrivati su Pandora per sfruttarla, non si accontentano di conoscere semplicemente questo popolo, ma puntano a “pacifizzarlo” e a ottenerne il controllo. Jake diventerà parte della tribù, lottando contro l’oppressione degli umani.

Avatar: la via dell'acqua
Kiri nei regni dell’acqua; fonte: 20th Century Studios, Walt Disney studios

 

Avatar: la nuova via passa per gli abissi

Avatar: la via dell’acqua riprende le vicende di Jake Sully e di Neykiri su Pandora. Oltre un decennio dopo gli avvenimenti del primo film, Jake vive pacificamente con la sua famiglia, i suoi tre figli Neteyam, Lo’ak e Tuk, Kiri, nata da Grace Augustine, e Spider, umano accolto da Jake che vive con gli avatar.

La loro pace e serenità viene interrotta dal nuovo arrivo delle navi umane, guidate poi dall’avatar del colonnello Quaritch. Dopo un attacco guidato da Quaritch, in cui Spider è preso in ostaggio, Sully abbandona la sua tribù e sceglie di nascondersi, di scappare dalle minacce umane per difendere la sua famiglia.

I Sully si rifugiano tra le tribù di Na’vi che vivono vicino su un grande arcipelago nell’oceano. Dopo le prime difficoltà ad integrarsi in una cultura estranea, i ragazzi entreranno sempre più in sintonia con l’oceano e le sue creature. I pericoli però non tardano a tornare. Quaritch localizza il loro nascondiglio e fa di tutto per trovare Sully ed ucciderlo. La guerra dalla foresta arriva anche nei regni dell’acqua: i na’vi cercheranno di difendersi e salvare la famiglia di Sully.

Avatar: la via dell'acqua
Il nuovo regno dell’acqua; fonte: 20th century studios, Walt Disney studios

Un nuovo grande colossal cinematografico

Diciamolo subito: La via dell’acqua stabilisce dei nuovi standard a livello tecnico del cinema. La realizzazione e la regia degli ambienti digitali è incredibilmente realistica.

Pur essendo creato interamente in digitale, da l’impressione allo spettatore che il film sia stato girato effettivamente su Pandora. Cameron ha risolto uno dei più grandi problemi della computer grafica: la realizzazione dell’acqua. Se in un ambiente digitale bisognerebbe creare un algoritmo, al momento, irrealizzabile da chiunque, per prevedere ogni singolo movimento del liquido, qui queste difficoltà sono state risolte girando le scene direttamente in acqua. Il miracolo sta nella maniera in cui quest’acqua “reale” interagisce con i soggetti virtuali. Pensiamo alla pelle bagnata dei personaggi appena usciti dall’oceano, alla maniera in cui l’acqua sgocciola dai loro capelli: il risultato è iperrealistico, il migliore mai ottenuto finora nel cinema.

Si è mantenuta una certa continuità riguardo al design dei na’vi e di tutto il mondo di Pandora. Lo scopo di Cameron era di farci sentire la sensazione di essere tornati in un mondo che esiste davvero. Ritroviamo la giungla del primo Avatar con tutti i suoi animali e la sua lussureggiante flora. Tutto questo viene ampliato scoprendo altri habitat, quando la famiglia di Sully arriva alla loro nuova casa. Qui, esplorando il mare ci danno l’opportunità di ammirare la vita marina di Pandora.

Un pregio di Cameron è certamente la meticolosità con cui vengono rappresentati gli habitat: lo studio che c’è stato dietro alla loro realizzazione è maniacale. Ogni animale ha un corrispettivo nel nostro mondo, ma trovandoci a Pandora, riusciamo comunque a capire il ruolo che hanno nell’ecosistema, riconosciamo i piccoli organismi, i predatori e gli animali sociali. Questi, in particolare, hanno un ruolo quasi da protagonisti nella pellicola. I “cetacei” di Pandora (i tulkun) creano legami anche familiari con le tribù di na’vi che abitano le acque.

Avatar: la via dell'acqua
Il colonnello Quaritch; fonte: 29th century studios, Walt disney studios

Le crepe di un bellissimo quadro

L’aspetto più deludente di Avatar: la via dell’acqua è proprio la trama: le tematiche trattate finiscono per essere banali, le medesime del primo capitolo.  La stessa struttura del film è molto simile al primo, con una fase introduttiva, in cui si sottolinea l’importanza del rapporto con la natura, una centrale, in cui si sviluppa l’avventura dei protagonisti, e la classica battaglia finale da blockbuster con  ancora gli stessi umani colonizzatori nel ruolo di cattivi.

Siamo rimasti delusi dalla scelta di rimanere sul semplice, per assicurarsi un pubblico più vasto e degli incassi maggiori, sottovalutando però i gusti e la sensibilità di questo grande pubblico.

La via dell’acqua è, a nostro parere, un capolavoro visivo, ma un fallimento dal punto di vista tematico.

Ilaria Denaro, Matteo Mangano