Immagine non disponibile

Lando Buzzanca era la voce indispensabile al grande cinema

Redazione Recensioni
REDAZIONE RECENSIONI
Personaggi e Ricorrenze
cinema lando buzzanca recensioni universome

Si è spenta ieri all’età di 87 anni l’ultima voce del grande cinema italiano, quella di Lando Buzzanca. Una voce qualche volte trascurata – seppur amata dal grande pubblico che lo conobbe anche sul piccolo schermo – proprio come quella del suo alter ego, il “merlo maschio” Niccolò Vivaldi, nella grande orchestra di strumenti – tra attori e registi- che hanno composto la magnifica sinfonia della storia del cinema nostrano.

Violoncellista col complesso di inferiorità accanto a Laura Antonelli ne “Il merlo maschio”, commedia del ’71 a tinte psicologiche, ingiustamente liquidata come “sexy”. Fonte: Clesi Cinematografica

 

Volto poco noto alla nostra generazione rispetto al pantheon di mostri sacri (Gassman, Tognazzi, Mastroianni, Sordi), spesso sottovalutato da una certa critica che lo considerò esponente di tutta una scena anni ’70 straripante di b movies  (quando invece Buzzanca decise presto di non prendere parte alle pellicole più eccessive della commedia sexy all’italiana), relegato alla provincialità con lo stereotipo di maschio siciliano sciocco, ma anche sanguigno e lussurioso, ruoli che ha spesso interpretato sul grande schermo, Lando Buzzanca è stato molto di più.

Nasone adunco, viso squadrato, occhi scuri e intensi, spesso attraversati da quel guizzo di follia che contraddistinse i suoi personaggi migliori, l’attore nato a Palermo nel 1935, aveva proprio quella che si può dire una faccia da cinema. Non la faccia da divo – come poteva essere quella del latin lover Mastroianni o dell’attraente e signorile De Sica – ma proprio da attore, da lavoratore che fa del cinema la sua vita e la sua professione. Riferendosi a lui una volta mio nonno disse: «Lavora bene!»

E forse con un’unica quanto “ingenua” frase, ha colto quello che l’inchiostro di tanti critici non ha saputo mettere in luce in miriadi di recensioni. Lando Buzzanca era un artigiano della recitazione, attività che iniziò a svolgere all’età di 17 anni affiancandola ad altri lavoretti umili.

Artigiano, nella fiction Rai “Il Restauratore”. L’attore negli anni recenti ha vissuto una vera e propria rinascita professionale grazie a molte serie Rai. Fonte: RaiPlay.it

 

Poi la notorietà, all’età di 22 anni, diretto da Pietro Germi nel suo capolavoro Divorzio all’Italiana, film a metà strada tra un neorealismo che conobbe la sua apoteosi nel decennio precedente e un certo cinema politico che si sarebbe affermato di lì a poco e si serviva spesso delle tinte della satira per dipingere quell’affresco di costumi strani e spesso ipocriti, di vizi e virtù della società italiana.

Accanto ai divi Stefania Sandrelli e Marcello Mastroianni, la coppia di adulteri che ripiega per una soluzione tutta italiana – anzi siciliana! – per porre fine a un matrimonio in crisi, Lando Buzzanca ha il ruolo per così dire secondario del focoso e giovane fidanzato della sorella disonorata dell’inetto barone Cefalù.

Sempre per Germi si ritroverà stavolta a vestire un ruolo più di rilievo nel 1964. Qui sarà Antonio Ascalone, fratello di una Sandrelli “sedotta e abbandonata”: sarà lui incaricato a vendicare l’onore della sorella in un dramma corale a tratti grottesco che vede però protagonisti più la Sandrelli (e l’interpretazione di quest’ultima a dire il vero non è nemmeno memorabile!) e Saro Urzì nel ruolo del pater familias strenuo difensore della morale domestica.

Eppure nella “partitura” della sinfonia cinematografica, nella composizione di un capolavoro, niente è lasciato al caso. E anche l’interpretazione minore (si fa per dire) di Buzzanca è la tessera piccola e indispensabile nel mosaico della Sicilia di Germi: calda e affascinante come ebbe a dire lo stesso attore, ma anche crudele e assolata, messa in mostra da un bianco e nero dal contrasto luminoso, quasi accecante.

Fratello disonorato, accanto al “seduttore” Aldo Puglisi e la “sedotta” Stefania Sandrelli. Fonte: Paramount

 

Buzzanca ci racconterà tutto questo in un’intervista anni dopo, con la chioma argentata e la sua voce “nuova” che ha preso il posto di quella nasale della gioventù, quella da meridionale tonto preso spesso per i fondelli dal settentrionale più scaltro. E’ una voce rauca ma solenne, da nobile siciliano d’altri tempi, ultimo di una stirpe di “gattopardi” del grande cinema, di attori di una certa statura anche intellettuale (penso a lui come al grande Gassman) che lo spettatore percepiva persino al di qua dello schermo.

 

Un “gattopardo” ben diverso da quello di Burt Lancaster, Lando Buzzanca lo interpretò davvero nel pluripremiato film del 2007 I Viceré di Roberto Faenza, ispirato al romanzo di Federico De Roberto. Padre autoritario di una famiglia nobile catanese in decadenza, quella degli Uzeda, sullo sfondo delle vicende risorgimentali, il personaggio di Buzzanca non si rassegna al suo mondo in rovina – quello dell’aristocrazia borbonica – davanti alla vittoria degli ideali unitari e cade in circolo vizioso di follia e superstizioni.

Ancora una volta l’attore porta sullo schermo il volto e la voce della sua Sicilia con i suoi chiaroscuri e le sue “tare”. Ma a ben pensarci, come lo era già stato nei film ad episodi degli anni ’60, (I mostri, Made in Italy, I nostri mariti) il volto di Buzzanca è quello dell’Italia intera con vizi e virtù che ci portiamo dietro nonostante anni di storia e un miracolo economico che in fondo «ha cambiato tutto per lasciare tutto com’era».

E questo i grandi registi lo sapevano. Per questo scelsero il talento e la voce di Buzzanca, il grande attore che per uno strano e crudele gioco del destino ha vissuto i suoi ultimi giorni relegato in una RSA, affetto da una forma acuta di afasia. Una voce che ci auguriamo non venga sommersa dal chiacchiericcio delle polemiche che circondano la sua triste morte, offuscando quelli che sono stati i meriti e le grandi intepretazioni dell’attore.

Siciliano ingenuo e seduttore accanto a Michele Mercier ne “I nostri mariti”. Fonte: Documento Films, Euro International Films

 

Perché quella di Buzzanca è una voce che merita di essere ancora solista nella storia del grande cinema italiano. E la nostra generazione, checché se ne dica, si merita di scoprire –  o anche riscoprire – un artigiano del cinema come lui.

Angelica Rocca