Rivoluzione della luce: i LED, una soluzione green

Redazione UniVersoMe
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In questo momento dove il risparmio energetico sembra essere la seconda colonna portante all’interno della  discussione sulle emissioni di anidride carbonica (dopo la conversione delle fonti non rinnovabili in rinnovabili), il problema del risparmio nell’illuminazione trova soluzione nella innovativa tecnologia denominata LED (Light-Emitting Diode, diodo che emette luce). Questa tecnologia, sviluppata già nel 1962 da Nick Holonyak Jr., si è evoluta nei decenni migliorando le proprietà uniche di questi sistemi elettronici. Questi sistemi sono caratterizzati da bassi consumi e l’evoluzione ha portato ad espandere la gamma di colori e intensità della luce riprodotti da questi diodi.

Insegna a LED. Fonte

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L’evoluzione di questa tecnologia

Fino ad ora 3 generazioni sono passate in commercio. La 1° generazione, commercializzata a partire da fine anni ’60 fino agli ’80, era utilizzata prettamente per display indicatori di stato dei macchinari. Li possiamo ritrovare ancora sparsi in giro: vi sarà capitato almeno una volta di leggere un orologio digitale dallo sfondo nero e dai numeri di colore rosso. I numeri erano composti da bastoncelli che si illuminavano e spegnevano per comporre il numero. Quei bastoncelli sono i singoli LED appartenenti alla prima generazione. Ancora non si era arrivati a ottenere dispositivi che emettessero luci bianche, né tanto meno dal colore blu, una radiazione luminosa ad energia più elevata di una radiazione rossa (per gli amanti dei valori precisi parliamo di 400-484 THz per il rosso e 606-668 THz per il blu). Il primo LED ad alta intensità fu sviluppato dall’azienda statunitense Fairchild Semicondutor negli anni ’80.

La seconda generazione di LED superò tutti i limiti menzionati e divenne di largo utilizzo: display lampeggianti a led, schermi per cellulari, fari per automobili e illuminazione domestica e infrastrutturale. La tecnologia utilizzata negli ultimi schermi dei televisori e di alcuni smartphone adesso in circolazione si basa sulla tecnologia QLED (Quantum Dots Light-Emitting Diode), una tecnologia più sofisticata dei LED, quindi di 3° generazione. Queste tecnologie ad alta intensità di luce adesso trovano applicazione anche nel campo medico e della depurazione delle acque, grazie all’azione battericida di particolari intense radiazioni.

A sinistra LED di seconda generazione (Fonte). A destra LED di prima generazione (Fonte).

La chimica di un diodo

Come spiega l’acronimo di LED, stiamo parlando di un diodo che emette luce, ma di cosa è fatto un diodo e come produce luce? Un diodo è un semiconduttore, un filamento fatto di un materiale che permette il passaggio di elettroni solo sotto certe condizioni. La particolarità di questo dispositivo è quella di permettere il trasporto di elettroni quando posto in un circuito elettrico solo in un verso, mentre se il verso risulta invertito allora non c’è corrente elettrica. Per spiegare questo basta accennare al materiale di cui è fatto il diodo, o meglio, il suo reticolo cristallino (l’insieme di atomi che si dispongono su tutto il materiale).

Tra gli elementi della tavola periodica troviamo il silicio e il germanio come semiconduttori tra i più abbondanti sulla crosta terrestre dove il silicio è decisamente più abbondante del germanio e quindi preferito per la produzione in larga scala (28,2% è il silicio che ricopre la crosta terrestre, mentre 0,15% è la percentuale di germanio).

Questo è un singolo atomo di silicio in una barra di silicio pura. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Cos’è un semiconduttore?

Immaginiamo le due estremità di una barra di silicio collegate a una batteria, dove non esiste alcun passaggio di corrente: questo fenomeno è dato dalla stabilità degli atomi di silicio. Quindi il trasporto da un capo all’altro di elettroni può avvenire solamente quando nel reticolo vi è mancanza o eccesso di elettroni, appunto. Ecco un’immagine esplicativa di un reticolo dove alcuni atomi di silicio sono stati sostituiti da atomi di altri elementi. Nella prima immagine abbiamo “impurezze” dovute all’arsenico (atomi viola) e nella seconda immagine, invece, vi è presenza di atomi di alluminio (atomi verdi). Il trattamento che porta alla sostituzione di alcuni atomi di silicio è chiamato doping (drogaggio).

Reticolo di atomi di silicio di un pezzo di silicio puro. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]
Nel caso del drogaggio con atomi di arsenico avremo elettroni in eccesso (viene chiamato N-doping), mentre nel caso dell’alluminio ne avremo in difetto (P-doping). Entrambi i tipi di drogaggio permettono il passaggio di corrente, ma cosa succede se i due materiali fossero in contatto all’interno di un circuito?

I due casi di drogaggio del silicio. A sinistra gli atomi viola sono di arsenico, mentre a destra gli atomi verdi sono di alluminio. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Come si genera la luce nei LED

Quando il semiconduttore di tipo P con atomi di arsenico è collegato col polo positivo del generatore di corrente e quello di tipo N con atomi di alluminio è collegato al polo negativo, vi è non solo passaggio di corrente, ma vi è generazione di energia sotto forma di luce. Questo perché il generatore di corrente “costringe” gli elettroni della zona N a “saltare” nella zona P e questo genera energia luminosa ad una determinata lunghezza d’onda. Quindi, cambiando l’arsenico o l’alluminio con altri atomi opportuni otterremo altre combinazioni di semiconduttori N-P e di conseguenza altre colorazioni.

Ma se da quanto spiegato sembra che qualsiasi luce possa emettere luce, la faccenda non è esattamente questa. Infatti uno dei due semiconduttori a contatto, deve essere ridotto a una lamina, in particolare il semiconduttore N-drogato affinché dia luce.

Quando due semiconduttori sono incidenti uno sull’altro, avviene il “salto” dell’elettrone. Durante il salto viene rilasciata energia luminosa. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Conclusioni

Sebbene siano passate 3 generazioni di questi dispositivi rivoluzionari, molti aspetti della produzione debbono ancora essere perfezionati, il rapporto affidabilità e costi di produzione non sono convenienti quanto le tecnologie convenzionali (i fari a led delle auto ancora non sono regolamentati dalla legge italiana). Inoltre i guasti dei led sono ancora presenti per via delle imperfezioni dei processi di stampa del materiale a base di silicio e del suo drogaggio. Inoltre, sono ancora materiali che tendono a usurarsi di più rispetto a quelli convenzionali. C’è da dire che l’evoluzione tecnica nell’assemblaggio di questi prodotti migliora di anno in anno, nonostante questi difetti.

Salvatore Donato

Bibliografia

Light emitting diodes reliability review – ScienceDirect