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Esterno Notte: la morte che cambiò l’Italia

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Film
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Nell’era in cui non tolleriamo gli spoiler, la serie tv di Bellocchio tiene incollato lo spettatore davanti ad una storia di cui tutti conosciamo il triste finale. Un capolavoro senza eguali – Voto UVM: 5/5

 

Era la mattina del 9 Maggio del 1978 a Roma. Le macchine sfrecciavano per le vie della Città Eterna, i bambini e i ragazzi correvano a scuola sfidando il tempo per non arrivare in ritardo, nei bar si sentiva il profumo del caffè e dei cornetti caldi, una giornata come le altre. In una delle innumerevoli vie della città, era parcheggiata una Renault 4 rossa targata Roma N57686. Nel cofano di quella macchina c’era il corpo dell’onorevole Aldo Moro. La sua salma fu estratta dagli artificieri: era ripiegato e irrigidito, presentava i tipici segni della morte. Fu trovato con un abito scuro, lo stesso del rapimento, ma macchiato di sangue. Da quel momento in poi la monotonia di Roma fu spezzata: scoppiò il caos.

Non tutti conoscono bene questa storia. La serie Esterno Notte, firmata dal regista Marco Bellocchio, ha riacceso l’attenzione su un caso che dovrebbe essere studiato sui libri di scuola, una pagina della nostra storia che non dev’essere dimenticata.

Esterno Notte (2022)

Marco Bellocchio riporta Aldo Moro in tv, in modo prepotente, ci fa vedere quella politica nascosta e marcia che ha lasciato un uomo alla deriva, ci porta indietro nel tempo, nel 1978, l’anno che rivoluzionò l’Italia: il delitto Moro, i tre Papi, l’economia in ripresa, la graduale ascesa dell’Europa. Un decennio noto come gli “anni di piombo”: lotte popolari, e terrorismo. Tutti combattevano per un ideale, chi con la disobbedienza civile e chi con le armi. Anche lui, Aldo Moro, voleva porre un cambiamento, ma fu uno di quelli che per le sue idee e azioni fu strappato alla vita.

La serie si apre su uno scenario di disordini provocati dagli estremisti, che portano distruzione nelle strade romane, si incamminano infuriati sotto la sede centrale di Democrazia Cristiana. All’interno c’è Aldo Moro. Ma i nemici dell’onorevole non sono solo fuori, ma anche all’interno dell’edificio.

Fonte: the vision
 Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

La regia di Bellocchio è spettacolare nel mettere in mostra questo scenario apocalittico. Le scene rispecchiano alla perfezione i sentimenti e la sensazioni che tutti provarono per il delitto di Moro. Guardando le immagini ci chiediamo come sia potuto succedere tutto ciò.

Tre appuntamenti per tre serate: la prima parte è narrata dal punto di vista dei membri della DC, la seconda dalle brigate rosse, e la terza dalla famiglia di Aldo Moro. Una trinità: tutti messi di fronte al dramma personale e collettivo.

Una delle immagini più potenti e tristi dell’intero film, è quella di Moro che impersona Gesù. Abbandonato, lasciato solo con la croce, mentre i suoi colleghi della Democrazia Cristiana lo osservano soddisfatti e nei loro sguardi prende forma un sorriso nascosto. Nessuno fa niente per aiutarlo, rimangono inermi.

fonte: primo piano
Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Esterno Notte è una serie che fa male perché proviamo tenerezza -verso Aldo Moro – e rabbia: ci sentiamo privati di nuovo di un uomo che avrebbe potuto cambiare l’Italia. Bellocchio, regista tra gli altri de Il traditore, è riuscito un’altra volta a mettere a nudo i nostri sentimenti e l’Italia del ’78.

Un Aldo Moro inedito

Un cast spettacolare, che ha reso il lungometraggio memorabile. Gli attori sono già noti al pubblico. Abbiamo Toni Servillo nel ruolo di Paolo VI: il suo è un lavoro sublime.  Margherita Buy, interpreta Eleonora Moro, la moglie del martire, uno splendido e magnifico Fausto Russo Alessi nei panni di Francesco Cossiga, Daniela Marra in quelli di Adriana Faranda, l’ex brigatista italiana, e Davide Mancini nel ruolo di Mario Moretti, un ex brigatista. Last but not least, Aldo Moro interpretato da un Fabrizio Gifuni, che è riuscito a farci provare dolore verso un uomo abbandonato.

Fabrizio Gifuni (Aldo Moro) in una scena del film. Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Quello di Gifuni è un Moro inedito, lontano dalla flemma tipicamente democristiana, un po’ incazzato con un sistema che lo lascia solo e lo condanna ingiustamente a morte. Tuttavia ci sbagliamo se pensiamo che questa è una serie su Moro: è una serie invece in cui si sente la sua assenza, un’assenza che pesa su un’ Italia che – a parte pochissime eccezioni – non ha conosciuto più nella propria classe politica uomini della stessa statura morale.

Verità storica o libera interpretazione?

Dalle accuse della figlia Maria Fida alle proteste di qualche parlamentare, tante sono state le critiche suscitate dalla serie, che presenterebbe effettivamente in più punti inesattezze storiche. Se Esterno Notte suscita così tante polemiche per la sua rielaborazione un po’ troppo “libera” di un fatto realmente accaduto, è perché va a stuzzicare una ferita ancora aperta nella coscienza collettiva degli italiani. Ma possiamo pretendere verità storica dal cinema o da una serie tv? Spesso l’arte, soprattutto quella con la A maiuscola- e di Arte  con la A maiuscola si tratta in questo caso – “piega” la realtà ai suoi fini espressivi. Non confondiamo Esterno Notte con un documentario, è piuttosto un’opera cinematografica. Lo stesso regista ci avverte:

«Per chi volesse una verità storica, non sono io la persona adatta»

Bellocchio ha torto. In Esterno Notte tuttavia la storia c’è e parla ancora a un presente che chiede giustizia di fronte a un mistero, di fronte a quel corpo di Moro nel cofano della Renault rossa, l’agnello immolato sull’altare dell’ideologia e della ragion di Stato.

Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Perché verità storica non è solo un’istantanea che ricalca in maniera esatta il mero fatto, ma anche interpretazione del passato alla luce di ciò che viene dopo, nell’ottica delle conseguenze di un evento tragico che ha cambiato per sempre le sorti della politica italiana.

Allora ben venga la condanna di una classe politica inetta che ha fatto del suo Presidente di partito un martire, perché così è avvenuto nella retorica successiva a quei giorni terribili. Ben venga il ritratto di un Governo che si è reso complice anche solo col silenzio inerte di un atto terroristico perché, come diceva Pasolini, «il peccato non è fare il male, ma non fare il bene».

Il tassello mancante nella storia di Aldo Moro

Troppo indulgente con i terroristi o con altre forze implicate nel rapimento? No. Quella di Bellocchio è un’interpretazione: in quanto tale ritaglia solo un pezzo di una realtà complessa quale quella del caso Moro. Qui il focus si sposta soprattutto sui compagni di partito, ma la serie va letta come completamento di quel Buongiorno, notte del 2003 che si svolgeva invece nello spazio asfittico dei terroristi che guardavano il proprio ostaggio dallo spioncino.

“Buongiorno, notte”(2003), regia di Marco Bellocchio. Qui la storia è raccontata dal punto di vista dei terroristi, dipinti da Bellocchio in maniera tutt’altro che indulgente

Se nel film del 2003, il terrore negli occhi di Chiara ( Maya Sansa), la terrorista “pentita”, la coscienza risvegliata delle BR, era un grido sublime sulle note dei Pink Floyd, qui il sublime non c’è.

Tutta la vicenda assume invece i contorni del grottesco (soprattutto in personaggi come Cossiga), dell’assurdo, del kafkiano. Il presidente della DC è effettivamente processato e condannato dalle BR per una colpa incomprensibile. Davanti a questo teatro dell’insensato si rivolta lo stesso Moro nella sua bellissima confessione col sacerdote accorso per somministragli i sacramenti poco prima della fine.

Ma asfittica come il film è anche l’atmosfera della serie, non negli spazi ma nei tempi: lo spettatore è posto sempre davanti allo stesso angosciante spettacolo, ma ripreso da prospettive diverse. La tragedia di Via Fani è vista ora dagli occhi dello stesso Moro, ora del Ministro degli Interni, ora del Papa e via dicendo. Qualcuno disse che l’inferno dev’essere un posto in cui ogni cosa incessabilmente si ripete: la stessa sensazione di impotenza “infernale” ci pervade quando guardiamo Esterno Notte.

Le diverse prospettive convergono nel punto di fuga dell’ultimo episodio, La fine, in cui avviene il tragico epilogo che tutti conosciamo. Ma manca ancora un tassello, un’altra voce narrante. Davanti al corpo di Moro che suscita pietas viene chiamato in causa un altro punto di vista: quello di ognuno di noi.

 

Alessia Orsa

Angelica Rocca