Intervista a Francesca Matteucci: Verso l’infinito e oltre

Ipse Dixit
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Nella nostra Galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle e nell’ Universo più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile.

È proprio dalla citazione dell’astrofisica Margherita Hack e in ricordo del suo centenario ricorso lo scorso 12 giugno, che abbiamo preso spunto per un dialogo con la sua erede, Francesca Matteucci, professore ordinario dell’Università di Trieste, specializzata nel campo dell’evoluzione chimica di stelle e galassie.
Laureata in fisica a Roma all’Università la Sapienza con 110 su 110 e lode/, dal 2000 al 2003 ha svolto il ruolo di coordinatore del collegio di dottorato di Fisica dall’Università di Trieste. Non solo, è stata anche direttore dipartimento di Astronomia dell’Università e presidente del consiglio scientifico dell’INAF.

Indice delle domande

Vorrebbe intanto spiegare ai nostri lettori di cosa si occupa? 

Mi occupo di studiare l’evoluzione chimica delle galassie, delle stelle e di come si sono formati tutti gli elementi chimici dentro esse. Durante il Big Bang si sono  formati l’idrogeno, l’elio, una spruzzatina di litio e tutti gli altri elementi della tavola di Mendelev.
Margherita Hack diceva “siamo figli delle stelle”. E, in effetti, siamo figli di alcune supernovae che hanno contribuito alla formazione di elementi pesanti, che rappresentano soltanto il 2% della massa. Il mio lavoro si concentra su questa percentuale. Bisogna anche dire che questo 2% è anche presente in altre parti dell’Universo.
Per ottenere delle informazioni siamo come degli ”archeologi galattici”. Infatti cerchiamo di risalire a come la galassia si è formata e in che tempi, mettendo in atto dei modelli in cui si simula quello che può essere successo.
Le variabili da considerare sono molte: è necessario tener contro di quante stelle si sono formate per unità di tempo (tasso di formazione stellare), delle loro masse  e soprattutto della  nucleosintesi. Infatti ogni stella nasce, vive e muore. Durante la vita trasforma l’idrogeno e l’elio in elementi più pesanti e poi li rimette nel mezzo interstellare da dove ne nasceranno di nuove.

Rappresentazione grafica dello scenario evolutivo ©Jacopo Burgio

Io mi sono occupata di calcolare l’evoluzione chimica del mezzo l’intergalattico e intra cluster, di studiare galassie di tutti i tipi morfologici, in particolare della  nostra Via Lattea, anche detta Milk Way.

Quali sono, da docente, le prospettive per il futuro della ricerca nel campo che lei indaga?

Il futuro che ci aspetta è molto roseo. Il telescopio James Webb Space Telescope, lanciato a Natale del 2021, ha una risoluzione eccezionale anche rispetto al telescopio Hubble poichè, a differenza di questo, vede nell’infrarosso. Misurare le abbondanze chimiche con estrema precisione sta diventando un fatto reale.
Una grande innovazione sarà l’utilizzo dell’ Extreme Large Telescope, telescopio ottico da posizionare a terra nel deserto di Atacama e che avrà uno specchio del diametro di 39 metri. Più grande è il diametro del telescopio, più indietro nel tempo riusciamo a vedere.
Misurando le abbondanze chimiche con sempre maggior risoluzione e precisione, sia nella nostra galassia che in altre, riusciremo a capire molto meglio cosa sia successo anche nei primi istanti di formazione dell’Universo. In questo modo verificheremo le nostre teorie e vedremo se sono giuste o sbagliate.

Confronto tra il telescopio Hubble (sinistra) e il telescopio James Webb (destra). Sono raffigurati i pilastri della creazione. ©NASA

Quali sono i risvolti sulla vita di tutti i giorni?

L’astrofisica potrebbe avere influenza nella vita di tutti i giorni, anche se non in modo immediato. Questo perché le stelle vivono di fusione nucleare che permetterebbe produzione  di energia pulita ed eccezionalmente potente, per cui si sta tentando di riprodurre queste condizioni sulla terra. Infatti, se avessimo dei motori a fusione nucleare (già a fissione sarebbe un sogno), basterebbe mezzo bicchiere d’acqua per andare e tornare da Marte.
In questo momento, con la crisi energetica, sicuramente sarebbero stati molto comodi.

Nel suo periodo impressionista Van Gogh scrisse in una lettera al fratello ”non so perchè, ma la vista delle stelle mi fa sempre sognare”. Mi rivolgo a lei,  alla luce di questa bellissima citazione, cosa l’ha spinta a volgere lo sguardo e la vita alle stelle?

Beh, sicuramente le stelle fanno sognare tutti noi.
Io sono cresciuta in campagna e lì è più facile vedere le stelle perché non c’è inquinamento luminoso.  Come tutti i bambini mi sono chiesta cosa ci fosse oltre la Terra  e vedere tutti quegli altri mondi che mi guardavano è qualcosa che mi ha spinta a voler conoscere, voler sapere di più.
In realtà ho frequentato il Liceo Classico. Non me ne pento affatto, perché era l’unica occasione per studiare il latino e greco. Però devo confessare che la mia attitudine era più le scienze esatte e, soprattutto, per la fisica.
Questo pensiero che lei ha citato è assolutamente insito in tutti noi. Quindi, quello che mi ha spinto a rivolgere lo sguardo alle stelle è proprio la curiosità di conoscere il mondo, quello che ci circonda che adesso chiamiamo Universo.

Lei è stata collega della celeberrima astrofisica Margherita Hack. In che rapporto eravate?

Quando sono arrivata a Trieste conoscevo Margherita per fama.
Ero allieva del professor Franco Pacini, un suo grande amico e, tra noi, è subito scattata simpatia reciproca.
Margherita Hack era una di una schiettezza e di una simpatia uniche che, talvolta, potevano non piacere. Era una persona molto buona di cuore oltre ad essere una grande scienziata.
E’ stata la prima donna a vincere una cattedra di professore ordinario in astrofisica in Italia nel 1964. Si è ritrovata direttrice dell’osservatorio e ha creato il dipartimento astronomia che ho avuto l’onore anche di dirigere.
Quando sono arrivata si era già dedicata alla divulgazione, campo in cui è stata maestra.

Quali sono stati i lavori più significativi svolti insieme?

Io ho avuto l’onore di collaborare con lei sulla parte divulgativa. Quando lei è andata in pensione ho fatto un discorso col cuore e, commossa, disse “La Francesca sarà la mia successora” il che mi ha onorato. Ricordo ancora che insieme abbiamo fatto una conferenza con la gente stessa a terra come ai concerti rock.
I giovani erano attratti da lei, perché sapeva spiegare le cose in modo semplice e rispondere alle domande più strampalate.
Dai 60 anni in su ha cominciato a fare divulgazione full time anche senza voler essere pagata. Noi tutti le dobbiamo molto, perché è riuscita a portare al grosso pubblico argomenti quasi proibiti.
Io credo che lei rimarrà unica per parecchio.

E su questo penso che siamo sulla stessa linea d’onda. Infatti lei ha occupato per meriti e professionalità la cattedra di Margherita Hack, la quale la definì per l’appunto ”sua erede”. Che emozioni ha suscitato in lei aver preso in qualche modo il suo posto?  Durante il primo periodo sentiva sulle spalle una grande responsabilità?

Credo di essere stata la seconda dopo di lei ad aver avuto una cattedra di professore ordinario in astrofisica. Ho avuto la responsabilità di fare il mio dovere con gli studenti, di riuscire ad essere una brava professoressa come lo era stata lei. Ecco, questo è quello che mi ha guidato di guida ancora.
La via maestra deve essere quella della dedizione al proprio mestiere e, a me, piace molto farlo.
Non pretendevo di essere famosa come Margherita.
Dal punto di vista scientifico ho fatto del mio meglio, come lei e come tanti altri, ma il carisma non è qualcosa di riproducibile.

Il 12 giugno Margherita avrebbe compiuto 100 anni e, in sua memoria, è stata inaugurata la prima scultura in Italia rappresentante una scienziata. Come la ricorda? Qual è il suo augurio per nuove generazioni?

Cominciare a dare visibilità alle scienziate è stato molto importante e, la statua dedicata a Margherita per il suo centesimo compleanno, è stato un gesto che ho apprezzato. Di donne brave ce ne sono state tantissime anche prima, ma sono sotto la cenere e nessuno sa nulla.
Noi donne abbiamo bisogno di esempi come lei, perché l’incoraggiamento a fare le scienziate nei secoli non ce l’abbiamo certo avuto e, ancora oggi, si incontrano resistenze.
Quando faccio le conferenze, alle ragazze dico “dovete crederci” e, come disse Obama,  “yes we can!”Lo possiamo fare!” perché Margherita è riuscita a realizzarsi in un’epoca che sicuramente era diversa dalla nostra.
Ricordo che i suoi 90 furono festeggiati a Trieste in prefettura ma forse lei, con la sua semplicità, avrebbe preferito farlo in giardino. Quando eravamo lì mi disse “meno male che non è la questura!” col suo accento toscano, come dire “ma dove ci hanno fatto venire?”. Purtroppo l’anno dopo è venuta a mancare a causa di problemi a cuore. Le avevano suggerito di operarsi, ma non voleva stare ad insistere andando contro la natura.
Abbiamo avuto una grande perdita, è stata un grande esempio per le donne.

Immagine raffigurante la scultura di Margherita Hack. Fonte: www.rainews.it

Sicuramente la perdita è stata importante, ma quello che ha lasciato a tutti noi lo è stato ancora di più. Adesso ho il piacere di rifarmi ad una citazione dello scrittore e biochimico russo Asimov che affermò: “se fossimo soli l’immensità sarebbe davvero uno spreco”. Secondo lei, è plausibile altra vita all’infuori della nostra?

È più che plausibile che ci sia altra vita nello spazio mentre è bassa la probabilità di scoprirla. Però non mettiamo limiti alla scienza e alla tecnologia, magari avremo sorprese.
Si sono scoperti sistemi esoplanetari al di fuori del nostro sistema solare. Con i telescopi di ultima generazione avremo la possibilità di studiare le loro atmosfere e vedere se sono compatibili col nostro tipo di vita.
Insieme ad un mio ex studente ho fatto un lavoro sulle zone di abitabilità nella galassia e abbiamo trovato che, esattamente dove ci troviamo noi, è il punto di massima probabilità.
La vita la immaginiamo come la nostra, ma non è detto che sia esattamente identica. Non riuscire a trovarla immediatamente è ovvio, perché le distanze sono abnormi. Basti considerare che la stella più vicina a noi è Proxima Centauri, a 4 anni luce,  che sembra avere un pianetino, Proxima B, simile alla Terra.
Tutti gli altri sono decine di migliaia di milioni di anni luce lontani da noi e i tempi sono troppo lunghi per la vita umana.
L’unica cosa da sperare è che se esistono esseri come noi, non siano troppo evoluti e non tentino di distruggerci. Dall’altra parte la vita potrebbe essere ancora agli albori.

Inoltre, cos’è per lei la vita?

A questa domanda invece non so dare una risposta puntuale, è molto difficile rispondere. È qualcosa di incompreso, perché così come tanti sono i misteri del cosmo lo è anche quello dell’esistenza.
Quello che cerchiamo è un pianeta simile alla Terra, che sia roccioso, con acqua allo stato liquido e che abbia una distanza dalla stella madre tale che non sia troppo caldo o freddo.
La vita sulla Terra si basa sulla chimica del carbonio e tanti altri elementi, quali il ferro del sangue o il calcio delle ossa e studiare come si formano aiuta a trovarla nello spazio.
Quindi, io penso che la vita sia qualcosa di molto bello perché noi ci siamo e non riesco a immaginare qualcosa di diverso o di migliore. Ma questo è per la mia limitatezza di essere umano.’’

Conclusioni

L’essere umano senza dubbio è limitato, ma ciò che contraddistingue l’uomo dal non uomo è la curiositas, quel desiderio innato di vedere, conoscere e amare la verità. Questa è incarnata nei personaggi di Margherita Hack, Francesca Matteucci e di tante altre scienziate che, come Buzz Lightyear, hanno avuto il coraggio di guardare oltre i propri occhi, superando le colonne dell’incertezza e provando a volare ‘’Verso l’infinito ed oltre’’.

Francesca Umina

Gabriele Galletta