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Banana Yoshimoto ci racconta un legame indissolubile ne “Le strane storie di Fukiage”

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Banana Yoshimoto ha lo strano potere di trasformare ogni suo racconto in un viaggio intimo,  con un linguaggio semplice ma mai banale che ti lascia quel velo di dolce malinconia– Voto UVM: 4/5

 

La scrittrice giapponese Mahoko Yoshimoto, in arte Banana Yoshimoto, ritorna nello scenario letterario italiano con il nuovo romanzo Le strane storie di Fukiage, pubblicato questo mese da Feltrinelli per la collana I Narratori.

Chi è Banana Yoshimoto

La scrittrice di Tokyo, figlia di uno dei più importanti poeti e critici letterari giapponesi degli anni Sessanta, trova la sua fama in Italia nel 1991 con la traduzione dell’opera Kitchen, edito da Feltrinelli. Da qui, la si vede spesso tra gli autori di Best Sellers grazie a romanzi di un certo spessore introspettivo come NP (1992, Feltrinelli), Le sorelle Donguri (2010, Feltrinelli), Il dolce domani (2020, Feltrinelli).

La storia delle gemelle di Fukiage

Il nuovo romanzo è ambientato a Fukiage, città natale delle due sorelle gemelle eterozigote, Kodachi e Mimi. Seppur simili d’aspetto, caratterialmente sono l’una l’opposto dell’altra, la prima più pacata ed elegante nei modi di fare, la seconda più impulsiva.

Ma un tragico evento segna per sempre la loro vita: a causa di un incidente stradale, il padre muore e la madre entra in uno stato di coma dal quale non si vuole svegliare. 

 “Le strane storie di Fukiage”. copertina. (romanzo di Banana Yoshimoto, 2022, Feltrinelli editore). Fonte: feltrinellieditore.it

Kodachi e Mimi vengono così affidate ancora giovani ad una coppia di presunti parenti della madre, proprietari di un piccolo negozietto artigianale nella stessa Fukiage. Ma l‘accoglienza ricevuta non è delle migliori: la moglie Masami le tratta da sconosciute, quasi infastidita dalla loro presenza in casa.

La voglia di libertà, di cambiare aria, porta le sorelle alla decisione di trasferirsi lontane da casa, a Tokyo, prendendo in affitto un piccolo appartamento accanto all’università che iniziano a frequentare. Il loro unico desiderio è quello di rimanere unite, nonostante le condizioni in cui riversa la madre, che le trascinano in un loop infinito di tristezza e sensi di colpa. 

La vita trascorre tranquilla e questo per Mimi è una vera e propria benedizione, ma non può mai immaginare che l’uscita serale di una qualunque giornata autunnale sarà l’ultima volta in cui vedrà Kodachi. Di lei rimane solo un biglietto che lo zio Kodama trova in casa, dopo aver passato la sera precedente in compagnia della moglie e della nipote. 

Kodachi sembra aver scoperto qualcosa sul coma della madre, ed è molto decisa a rivelarne la verità.

«Sapevo bene che non c’è niente che gli esseri umani temano quanto il riaffiorare di un desiderio cui avevano già rinunciato»

Un viaggio nell’io interiore tra realtà e immaginazione: lo stile unico di Yoshimoto

A differenza di quanto si possa pensare, la narrazione si apre già con la scomparsa della sorella di Mimi, che ci lascia così in sospeso su un filo sottile, in pieno limbo. Cosa sia successo prima lo scopriremo più avanti, in un ritmo incalzante di eventi che si susseguono su una linea temporale ideale. La lettura è scorrevole e molto leggera, con molti flashback che la protagonista rivive in prima persona, lasciandosi travolgere dal sapore amaro del passato.

I riferimenti al folklore giapponese ci portano direttamente nel Paese del Sol Levante, facendoci respirare i profumi avvolgenti dell’antica cultura tradizionale. Impossibile non proiettarsi accanto alla stessa Mimi, che ci tiene per mano durante tutto il suo cammino, fatto di curve pericolose e di salite senza fine: la rappresentazione della crescita personale a cui si fa fronte nel viaggio chiamato “vita”.

Con elementi magici e di fantasia, lo stile di scrittura è quello tipico di Banana Yoshimoto: il linguaggio semplice ma diretto, che ti scava dentro, che mette a nudo le tue debolezze e ti costringe a fare i conti con la realtà circostante. Ma è uno stile anche leggero, senza essere superficiale, in grado di trascinarti all’interno della trama e tenerti incollato per tutto il tempo alle pagine del libro. È un racconto intimo e personale, quasi liberatorio, accarezza l’anima e fa dubitare delle proprie sicurezze.

Narra di sofferenza, di rinascita, del terrore della perdita e dell’amore stesso, di sentimenti contrastanti: li posa davanti ai tuoi occhi come candide fotografie e li esprime con la delicatezza di chi non vuol fare rumore ma sembra volerti segnare dentro.

Per chi vuole intraprendere un viaggio introspettivo, alla ricerca di domande e di risposte, Le strane storie di Fukiage di Banana Yoshimoto è il biglietto di sola andata.

Victoria Calvo