Un patto tra la Cina e le Isole Salomone preoccupa gli Stati che si affacciano sul Pacifico

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Negli ultimi anni tra Pechino e Honiara vi è stato un avvicinamento consolidatosi ora dalla scelta delle Isole Salomone di stabilire relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina, interrompendo quelle con Taiwan. Il governo delle Isole Salomone ha più volte smentito, ma, martedì 19 aprile, è stato siglato un patto con la Cina, che verrà ratificato nel mese di maggio. L’accordo prevede la creazione di una base cinese nel piccolo Stato per motivi di sicurezza.

I ministri degli Esteri cinese e delle Isole Salomone (fonte: zazoom.it)

Molti abitanti delle isole contrari all’avvicinamento a Pechino

Alla fine del 2021, negozi di proprietà cinese a Honiara, la capitale delle Isole, erano stati vandalizzati e bruciati, mentre cresceva già concretamente l’influenza cinese e un conseguente malcontento tra la popolazione locale.

Lo scorso novembre vi sono state anche delle vere e proprie rivolte, durate tre giorni, che coinvolsero circa 800mila abitanti, contrari all’avvicinamento alla Cina: oltre alla rabbia nei confronti del governo dovuta alle difficoltà economiche aggravate dalla pandemia, vi è la storica rivalità tra gli abitanti dell’isola più popolosa del Paese, Malaita, e quelli di Guadalcanal, dove si trova la capitale amministrativa.

Viste le tensioni, il governo locale chiese successivamente aiuto all’Australia, ma anche a Fiji, Papua Nuova Guinea e Nuova Zelanda, le quali schierarono delle forze di pace. Poi, però, il mese scorso, è trapelata la notizia di una bozza dell’accordo ora raggiunto, a distanza di soli quattro mesi dalle sommosse.

Dunque, molti cittadini sono stati sin dall’inizio contrari alla scelta del primo ministro di stringere legami più stretti con Pechino, dopo aver bruscamente interrotto le relazioni di lunga data con Taiwan. Sembra, così, una scelta non condivisa da molti e più basata su un interesse specifico della capitale Honiara.

Prima di tale firma, la Cina ha combattuto diplomaticamente contro l’opposizione dell’Australia, distante 1500 km dall’arcipelago, e degli Usa. Canberra e Washington avevano provato a ostacolare l’accordo, ma senza successo. La preoccupazione nella scena internazionale scaturisce per la conseguente militarizzazione di un’area per molto tempo innocua al livello delle rivalità mondiali.

Più che un accordo per la sicurezza?

«I ministri degli esteri della Cina e delle Isole Salomone hanno recentemente firmato un accordo quadro sulla cooperazione in materia di sicurezza» ha dichiarato martedì scorso un diplomatico cinese, Wang Wenbin, alla stampa.

Ha definito questa che è stata siglata “una normale cooperazione tra due Paesi sovrani e indipendenti“, aggiungendo che l’accordo sosterrà la “stabilità a lungo termine” delle Isole Salomone.

Il diplomatico cinese Wang Wenbin (fonte: globaltimes.cn)

Le Isole non sono nuove, effettivamente, a momenti di instabilità, avuti in diverse occasioni, per motivi socio-economici e migratori, avuti soprattutto tra il 1998 ed il 2000. A un certo punto, è stato necessario richiedere la presenza di una Missione di Assistenza Regionale (Ramsi), che fu guidata proprio dall’Australia, per ben sedici anni, tra il 2003 ed il 2019.

Però, pare inevitabile notare che l’interesse della Cina sull’arcipelago vada ben oltre che la semplice assistenza nel raggiungimento di una sicurezza e stabilità interna maggiori. Proprio successivamente ai rapporti tra Taiwan e Isole Salomone, la Cina ha iniziato a potenziare i rapporti economici con quest’ultime, aumentando investimenti e coinvolgendole nei progetti legati alla Nuova Via della Seta.

Da alcune analisi, è evidente il dominio cinese ormai sostanzioso in tutti i settori dell’economia delle Isole e della crescente influenza anche sul governo. Inoltre, la Cina reputa indispensabili questi investimenti per dare uno scossone alla propria ripresa dalla pandemia da Covid.

La preoccupazione degli altri Stati

Non deve sorprendere il forte impegno a dissuadere Honiara a formalizzare il patto con Pechino. Esiste, infatti, un’alleanza strategica informale tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, detta “Quad” nata con lo scopo di arginare l’espansionismo cinese nella regione dell’Asia-Pacifico.

Nelle ultime settimane, l’Australia e gli Stati Uniti avevano infatti intensificato gli sforzi diplomatici per dissuadere le Isole Salomone dall’avvicinarsi alla Cina:

«Crediamo che la firma di un tale accordo rischierebbe di aumentare la destabilizzazione nelle Isole Salomone e di creare un precedente preoccupante per tutta la regione delle isole del Pacifico» ha detto lunedì scorso il diplomatico statunitense Ned Price.

L’amministrazione Biden e il governo australiano avevano anche provato a far qualcosa mobilitando figure politiche e diplomatiche di spicco, senza che ciò abbia portato a risultati. Si era unito al malcontento il primo ministro neozelandese, Jacinda Ardern, che aveva affermato non essere necessario un accordo per la sicurezza delle Isole Salomone, dichiarandosi quindi preoccupata per la conseguente militarizzazione del Pacifico che ne deriva.

Gli Stati Uniti, a febbraio, avevano annunciato la riapertura di un’ambasciata nelle Isole Salomone dopo ventinove anni di non rapporti.

Ora, come ribadito dal consigliere per la sicurezza Jake Sullivan, gli Usa faranno molta attenzione erisponderanno di conseguenza” a un eventuale installazione permanente di una presenza militare “de facto” cinese nelle Isole. Questa la linea che vuole intraprendere la Casa Bianca, resa nota dopo che una delegazione statunitense si è recata nell’arcipelago del Pacifico, per incontrarne il primo ministro.

Già nel 2018, la stampa australiana aveva rivelato a un possibile interesse della Cina a costruire una base militare nelle Isole Vanuato, situate a 1500 miglia dalla costa nord-orientale dell’Australia, in un’area a lungo ritenuta immune alle rivalità tra grandi potenze, anche se la notizia poi non ebbe immediatamente seguito.

Bisogna, inoltre, ricordare un dettaglio assolutamente non trascurabile: la Cina si oppone a qualsiasi riconoscimento dell’identità indipendente di Taiwan, ritenendola parte del proprio territorio. Ora dovrebbe risultare più chiaro il motivo della preoccupazione per questo patto. La “guerra diplomatica” per la supremazia nel Pacifico è già in atto e prevede mosse e contromosse da parte dei contendenti.

 

 

Rita Bonaccurso