Shanghai, 25 milioni di persone tornano in lockdown. Il malcontento degli abitanti

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Dopo due anni di pandemia e l’arrivo dei primi, seppur flebili, bagliori di speranza sull’essere prossimi al lasciarsi alle spalle uno dei più tristi e scombussolanti capitoli della storia moderna, tornare a parlare di lockdown è difficile. A fine marzo, il governo di Pechino ha reputato necessario tornare ad attuare tale misura nella città di Shanghai, in seguito a un esponenziale aumento dei contagi dalla variante Omicron.

25 milioni di persone in lockdown (fonte: ilmattino.it)

 

Il lockdown è entrato in vigore il 28 marzo. Era stato pensato per essere articolato in due diverse fasi: dal 28 marzo all’1 aprile per i distretti ad est del fiume che attraversa la città (il fiume Huangpu); dall’1 al 5 aprile per i distretti ad ovest. Tale predisposizione, secondo la previsione iniziale, avrebbe dovuto permettere di tenere sotto controllo la nuova ondata di contagi, evitando la totale paralisi della città.

Invece, oggi, in quello che è uno dei più importanti hub commerciali e finanziari della Cina si sta attuando, di fatto, la più grande chiusura dai tempi di Wuhan.

 

Record di contagi

Negli scorsi giorni il governo ha deciso di estendere le restrizioni all’intera città. Una misura drastica, ma necessaria per far fronte al picco di contagi registratosi lunedì 4 aprile, quando sugli account ufficiali della città erano stati segnalati 13.146 asintomatici e 268 nuovi positivi sintomatici.

Tamponi a tappetto in tutta la città (fonte: ilmessaggero.it)

Numeri in realtà in linea con altre esperienze nel panorama internazionale, ma che sono stati ritenuti sufficienti per far scattare l’allarme da Pechino.

«Attualmente, i nuovi casi locali di Covid confermati e le persone infette che sono asintomatiche stanno crescendo rapidamente e la trasmissione comunitaria in alcune aree non è ancora arginata – ha detto Mi Feng, portavoce della Commissione Nazionale della Sanità – il numero di infezioni rimane a un livello elevato e la situazione di prevenzione e controllo è seria e complessa.».

Nelle ultime 24 ore, la Cina ha annunciato un record di 20.472 infezioni, anche se 19.089 sono asintomatici, la maggior parte delle quali, l’80%, proprio a Shanghai, la città più grande del Paese e centro finanziario. Ora, ci si sta preparando per aprire un gigantesco ospedale da campo da 40mila posti. Fonti da Pechino, inoltre, riferiscono che altre città sono state mobilitate per accogliere fino a 60 mila pazienti evacuati da Shanghai.

 

Le proteste degli abitanti per le nuove misure di contenimento

Dopo le chiusure selettive, il passaggio al lockdown totale e l’inasprimento delle misure anti-contagio, stanno facendo montare la rabbia dei cittadini. Molte le problematiche nei centri per quarantena, affollati e con problemi di igiene, oltre alle difficoltà a reperire cibo o medicinali per tutti i cittadini.

Le lamentele si sono acuite per la decisione di separare i bambini positivi dalle proprie famiglie. Sono scoppiate delle proteste, finché, alla fine, è stata modificata la disposizione e ora ai genitori è permesso stare insieme ai propri piccoli in isolamento, previa firma di un documento in cui ci si assumono i rischi e ci si impegna a seguire le regole rigide delle strutture.

Però, il malcontento generale non si placa. La gestione nella megalopoli di oltre 25 milioni di abitanti si è dimostrata più complessa del previsto per le autorità locali. Una dirigente del Centro di prevenzione del distretto di Pudong ha detto: «la gestione politica del coronavirus ci sta facendo impazzire».

Nella città, le strutture per l’isolamento non bastano più. Per questo motivo si stanno intraprendendo i lavori per convertire il grande dormitorio Covid National Exhibition and Convention Center in un ospedale da campo da 40mila posti letto.

Foto di una tenda presso un posto di lavoro (fonte: informazione.it)

Molte persone sono costrette a trascorrere la quarantena presso la propria attività lavorativa, dormendo in sacchi a pelo e tende da campeggio, come testimoniano le foto che compaiono sui social network.

 

Le possibili ripercussioni sulla leadership di Xi Jinping

Il ritorno alla normalità per la megalopoli era stato previsto per l’inizio di aprile, ma la situazione ha spinto le autorità a riaffermare il regime restrittivo. Si avvicina il Congresso nazionale del Partito comunista cinese (Pcc), evento politico che determinerà la nuova leadership politica per il Paese.

Le conseguenze dell’inasprimento dell’epidemia potrebbero essere usate dai rivali del presidente Xi Jinping per contrastare la sua carica.  Il lockdown totale di Shanghai conferma che il governo cinese non ha portato il Paese veramente oltre l’emergenza della pandemia, nonostante le rigide misure di prevenzione e controllo attuate dal 2019 a oggi.

Shanghai non è l’unico grande focolaio attualmente presente in Cina: ci sono altri casi problematici, tra cui quello della provincia di Jilin, ma sicuramente è il più importante sul piano geopolitico. Shangai, che come enuncia il suo stesso nome, città “sul mare”, si trova in prossimità del delta del fiume Yangtze, terzo corso d’acqua più lungo al mondo e arteria idrica più importante della Cina, e intorno al suo delta si concentra oltre il 20% del Pil nazionale cinese.

Inoltre, la città rappresenta un teatro fondamentale per le lotte di potere intestine al Paese. Il suo porto è il più grande del mondo per flusso di merci ed è luogo di riferimento della cerchia politica intorno all’ex presidente cinese, Jiang Zemin, detta “gang di Shanghai” e rivale di quella dello Zhejiang, guidata da Xi.

A partire dal 2013, l’attuale presidente ha primeggiato all’interno del Pcc e delle Forze armate; ha posizionato i suoi fedelissimi nei centri nevralgici del Paese, anche a Shanghai, dove il capo di partito è Li Qiang.

Ad oggi, Pechino ha tolto il posto ad alcuni funzionari locali per non aver contenuto correttamente l’epidemia, ma l’incarico di Li non è stato ancora messo in discussione, ma non è escluso che, l’aggravarsi della situazione e le conseguenti difficoltà economiche possano ripercuotersi irrimediabilmente.

 

Rita Bonaccurso