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Paralizzati: tornano a camminare grazie ad elettrodi nel midollo spinale

Redazione UniVersoMe
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8 Febbraio 2022: dall’istituto di Losanna arriva una notizia grandiosa. Tre persone tornano a camminare grazie ad un intervento sperimentale al midollo spinale.

Michel Roccati muove i primi passi dopo l’intervento. Crediti immagine: Scuola politecnica federale di Losanna
Cosa comporta una lesione al midollo spinale?

Le ricerche in atto

L’esperimento a Losanna

I protagonisti italiani della ricerca

Prospettive future

Conclusioni

Cosa comporta una lesione al midollo spinale?

Le lesioni al midollo spinale, causano un gruppo molto eterogeneo di danni. Tutto dipende dall’estensione della lesione, dalla violenza del trauma che l’ha generata e dall’adeguatezza dei soccorsi prestati.

Il midollo spinale nelle sue varie componenti

Dal midollo spinale partono vie ascendenti e discendenti: le prime inviano  le sensazioni al cervello, le seconde portano gli ordini dal cervello ai muscoli e agli organi interni. Centri di integrazione: come delle centrali di controllo e smistamento, organizzano e selezionano i segnali nervosi da far passare o meno. Quindi, in seguito ad una lesione ai soli fasci ascendenti, si avrà una perdita della sensibilità. Con una lesione dei fasci anteriori, ovvero discendenti, si avrà invece una perdita dei movimenti ma non delle sensazioni. Invece, a causa di una lesione totale, si perderanno sia la sensibilità che la motricità. Ciò comporta una paralisi totale dal punto di lesione in giù. Esistono poi casi particolari, come la sindrome di Brown-Séquard, anche nota come emiplegia di Brown-Séquard o paralisi di BS, nella quale avviene una lesione solamente nella metà destra o sinistra del midollo. In questo caso si perderà la propriocezione (capacità di riconoscere una propria parte del corpo) omolaterale, associata a perdita della percezione del dolore e della temperatura controlaterale, per via dei vari incroci che fanno i fasci lungo il midollo spinale. Se invece la lesione avviene ad un livello più alto, a livello della nuca, si rischia anche la vita, in quanto in questa zona sono presenti importanti centri deputati al controllo della respirazione e del battito cardiaco.

Le ricerche in atto

Nel mondo tantissimi ricercatori studiano come curare questo tipo di lesioni. Esistono principalmente due tipi di approccio per tentare di curare una lesione del midollo spinale:

  • Far rigenerare le fibre distrutte
  • Bypassare le fibre distrutte tramite elettrodi.

Nel primo caso, si tenta di far rigenerare i neuroni danneggiati. Purtroppo i neuroni sono cellule che si duplicano pochissimo e con molta difficoltà. Tuttavia ci sono alcuni approcci innovativi, come l’utilizzo dei miRNA, che stanno riuscendo nell’impresa. I miRNA sono piccole molecole di RNA non codificanti, in grado di controllare e influenzare contemporaneamente numerosi processi biologici. Un esempio di studi del genere è condotto presso il NICO (Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi), dove i ricercatori stanno cercando di trovare molecole in grado di ripristinare la funzione del midollo spinale dopo un trauma.

Neurone al microscopio a fluorescenza. Crediti immagine NICO

L’altro approccio, prevede di “saltare” la lesione spinale, collegando elettrodi a monte e a valle di essa. Nel mondo ci sono stati e ci saranno ancora numerosi esperimenti del genere. Un esempio è quello di Neuralink di Elon Musk, la società nata con lo scopo di creare un’interfaccia cervello-macchina, in grado di risolvere molti problemi legati al decadimento del sistema nervoso centrale.
Il Politecnico di Losanna però, ci è arrivato prima.

L’esperimento a Losanna

L’esperimento, realizzato dopo anni di studi, è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine: il lavoro è stato coordinato dal Politecnico di Losanna (Epfl), ma anche l’Italia ha fatto la sua parte.
Sono stati reclutati 3 pazienti paralizzati, nei quali sono stati inseriti degli elettrodi nel midollo spinale, subito sotto le vertebre. Gli elettrodi, collegati ad un tablet, inviano ai muscoli gli schemi motori per le varie azioni da svolgere: camminare, pedalare, nuotare. Già qualche giorno dopo l’intervento, i pazienti sono stati in grado di stare in piedi e muovere i primi passi.
Tra loro c’è pure un Italiano, Michel Roccati, che era rimasto paralizzato nel 2017 a causa di un incidente in moto. Ecco come racconta la sua esperienza dopo l’intervento: “I primi passi sono stati qualcosa di incredibile, un sogno che si avverava. Non ero capace di trovare le parole. E’ stata una sensazione troppo forte” […]  “Ora faccio le scale. Mi alleno tutti i giorni un paio d’ore nel cortile di casa, dopo l’ufficio, dove passo buona parte del tempo davanti al computer. In primavera riuscirò a fare un chilometro. Posso anche nuotare, fare la cyclette e allenarmi in palestra”.

I protagonisti italiani della ricerca

Ma di italiano non c’è solo uno dei pazienti: Silvestro Micera, professore di bioingegneria presso la Scuola Sant’Anna di Pisa, è stato tra i protagonisti di questa ricerca, realizzando i software per gli schemi motori da inviare ai muscoli. Ha collaborato con il neuroscienziato Grégoire Courtine e la neurochirurga Jocelyne Bloch. I tre hanno coordinato il progetto di ricerca del centro NeuroRestore del Politecnico di Losanna. Insomma, un grande traguardo frutto della collaborazione internazionale tra grandi menti.

Silvestro Micera, Scuola Superiore di Pisa

Prospettive future

A Losanna si pensa di estendere il trattamento a quante più persone possibili, attuando  una personalizzazione dei dispositivi sui singoli pazienti. L’obiettivo è di rendere il tutto commercializzabile in 5-7 anni, in modo che i pazienti paralizzati possano usufruirne.
Nel frattempo la ricerca non si ferma e si continueranno a studiare altri approcci, come il sopracitato metodo per la rigenerazione neuronale.

Conclusioni

La scienza sta compiendo balzi da gigante. Questo grazie ad un approccio integrato pluri-specialistico. Se una volta solamente i medici erano gli addetti alla cura dei pazienti, oggi le figure in gioco sono molteplici. Il bioingegnere in questo caso, ma anche i biologi, chimici, informatici, ognuno ha il suo ruolo essenziale.
Se non fossero esistiti i computer, non sarebbe stato possibile creare gli algoritmi per dare gli schemi motori attraverso gli elettrodi.
Quindi ogni qualvolta sentiamo di nuove scoperte, in qualunque ambito, rallegriamoci: la scoperta di una nuova particella da parte di un fisico, l’invenzione di un nuovo oggetto tecnologico, oggi potrebbe sembrarci qualcosa di superfluo, domani potrebbe essere la nuova cura per una malattia.

 

Roberto Palazzolo