Eutanasia legale, per la Consulta il quesito referendario è inammissibile. “Non tutela la vita”

Redazione Attualità
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La Corte Costituzionale, nella giornata di ieri ha bocciato il referendum sull’eutanasia chiesto con la raccolta di 1,2 milioni di firme organizzata dall’Associazione Luca Coscioni. Le motivazioni non sono ancora state rese note ma la sentenza integrale della Corte sarà disponibile nei prossimi giorni. In una nota diramata dall’ufficio comunicazione e stampa si apprende che: (leggi qui il testo integrale)

“La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

L’associazione “Luca Coscioni” non si arrende

La sconfitta non sembra però scoraggiare i membri dell’associazione Luca Coscioni che in una nota hanno commentato la decisione della Corte.

Il cammino verso la legalizzazione dell’eutanasia non si ferma. L’Associazione Luca Coscioni non lascerà nulla di intentato, dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari.

Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. (fonte: ilfattoquotidiano)

Un commento è presto arrivato anche da Marco Cappato che da mesi si batte per la raccolta delle firme e la sensibilizzazione sul tema: “Questa per noi è una brutta notizia”, ha dichiarato “credo che sia una brutta notizia per coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo sofferenze insopportabili contro la loro volontà. Credo sia ancora di più una brutta notizia per la democrazia del nostro Paese perché sarebbe stata una grande occasione per collegare la realtà sociale con le istituzioni, su questo molto disattente”.

Il referendum abrogativo

Il referendum proponeva di abrogare solo una parte dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di una persona consenziente con la reclusione da 6 a 15 anni, con alcune eccezioni: resta un reato se si tratta di un minore e in questo caso si applicano le pene previste per l’omicidio. L’eventuale abrogazione avrebbe lasciato intatta la punibilità in tutti i casi dove non ci sia un esplicito consenso, in presenza di infermità mentale o dove il consenso venga carpito con l’inganno e avrebbe aperto la strada verso l’eutanasia attiva, al momento illegale in Italia, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire.

I promotori del referendum, in diverse sedi, hanno replicato alle contestazioni avanzate dalle organizzazioni pro-vita in merito al rischio di “una totale liberalizzazione della pratica” dovuta all’abrogazione dell’omicidio del consenziente. “Il quesito referendario” rispondono i promotori, “fa salve le tutele poste per le persone più vulnerabili ovvero i minori, gli incapaci anche parzialmente o con una deficienza psichica momentanea e le persone il cui consenso non è libero, ovvero estorto o carpito con l’inganno. In tutte queste circostanze verrà applicata la norma che punisce l’omicidio doloso”.

Dibattito pubblico sull’eutanasia

Il dibattito pubblico sull’eutanasia e il suicidio assistito era stato introdotto dalla Corte Costituzionale quando nel 2019 era intervenuta sulla morte di DJ Fabo, stabilendo che a determinate condizioni non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio. La sentenza stabilì che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile che provoca sofferenze fisiche o psicologiche, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Corte Costituzionale aveva, inoltre, sollecitato il Parlamento ad approvare una legge in merito.

La legge assente

In tema eutanasia e suicidio assistito, il referendum è sempre apparso come l’ultima chance vista l’assenza di una legge in Parlamento che negli ultimi 40 anni non è stato in grado di giungere ad un accordo, nonostante le innumerevoli proposte e pressioni. Una proposta di legge sul suicidio assistito è attualmente in discussione a Montecitorio, ma rischia di vanificare quanto già previsto dalla sentenza della Consulta sul caso di Dj Fabo, che ha già valore di legge. Secondo Cappato, la rigidità del meccanismo di obiezione di coscienza “rischia di portare a una paralisi della struttura sanitaria, che invece deve essere obbligata a rispettare le volontà del malato”.

Le reazioni della politica 

La bocciatura del primo degli otto quesiti referendari da parte della consulta ha nell’immediato scatenato le reazioni della compagine politica che insiste affinché il Parlamento si impegni ad approvare una legge sul suicidio assistito. Il segretario del Pd, Enrico Letta ha commentato:

“La bocciatura da parte della Corte costituzionale del referendum sull’eutanasia legale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa”

Così Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd: “Prevedibile l’inammissibilità di un quesito estremo, ma non si usi impropriamente come alibi contro la legge necessaria e urgente sul suicidio assistito già in aula alla Camera”. Anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, nonostante non abbia mai nascosto la propria contrarietà all’eutanasia si è detto “dispiaciuto, la bocciatura di un referendum non è mai una buona notizia”.

 

Elidia Trifirò