Per “The Economist”, l’Italia è il Paese dell’anno grazie a Draghi. Ecco tutti i dettagli

Redazione Attualità
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Come avviene di consueto dal 2013 a questa parte, la rivista inglese The Economist ha scelto il Paese dell’anno, ossia il Paese che meglio ha saputo realizzare una crescita rispetto all’anno precedente, criterio che si sostituisce a quelli di semplice ricchezza o influenza a livello mondiale o benessere dei cittadini.

Quest’anno, il titolo se l’è aggiudicato l’Italia, ma non per i suoi ottimi calciatori o per i vincitori dell’Eurovision – ha sottolineato la rivista nel proprio articolo – bensì, per via dei suoi politici: il Premier Mario Draghi è stato indicato come un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale, che avrebbe saputo trovare un punto di convergenza tra le varie forze politiche al governo, finalmente in grado di mettere da parte gli interessi contrastanti. Non è infatti sconosciuto ai politologi stranieri il ruolo di grande impatto ricoperto da Draghi, soprattutto nel domare i grandi esponenti di destra come Salvini (ma non mancano anche voci dell’ala speculare).

Tra le motivazioni del The Economist per fare tale scelta: il PNRR, descritto come un «programma di profonde riforme» realizzato grazie alla spinta concentrica realizzata dal Premier; il tasso di vaccinazione tra i più alti d’Europa, con un 85,17% di cittadini che ha completato il ciclo ed un 88,37% di popolazione sopra gli anni 12 che ha ricevuto almeno una dose; una ripresa dalla crisi del 2020 più veloce di quelle di Francia e Germania.

 

Da «Italia, Paese che amo» a «Italia Paese dell’anno». Ma quanto durerà?

La rivista prosegue gettando del vero e proprio sarcasmo sulla debolezza dei precedenti governi, affermando che

“Silvio Berlusconi avrebbe dovuto seguire il monito dei vincitori dell’Eurovision 2021 e stare zitto e buono.”

Poi ha sottolineato che, per via di tale debolezza, la popolazione si era ritrovata ad essere più povera nel 2019 che nei primi anni 2000. Un occhio critico viene, infine, riservato alle future elezioni del Presidente della Repubblica del 2022, che vede Draghi proprio tra i possibili candidati. Il timore del The Economist è proprio quello che il premier, assumendo il “ruolo cerimoniale” di Presidente, lasci posto ad un successore meno competente.

(fonte: palermotoday.it)

Il dibattito sul prossimo Presidente della Repubblica è più che acceso. Più del 16% dei cittadini intervistati da Demos vorrebbe vedere Draghi al Quirinale, mentre un cospicuo 10% preferirebbe un secondo mandato di Mattarella, che, tuttavia, già mesi fa ha chiarito le proprie intenzioni a non ricandidarsi. L’ala destra del Parlamento, ed in particolare Fratelli d’Italia, agogna, invece, l’idea di avere Silvio Berlusconi come prossimo Presidente della Repubblica, ribadendo la necessità di avere a Capo dello Stato un «patriota».

 

Il fenomeno tecnopopulista di Draghi

Alcuni giorni fa, il quotidiano americano Politico ha parlato dell’Italia come laboratorio di esperimenti politici e ne ha descritto l’ultima “fuga sperimentale”: il tecnopopulismo.

«Nonostante il termine sia stato originariamente coniato nel 1995 per descrivere il populismo come alimentato dalla tecnologia, da allora ha assunto un nuovo significato: si parla del miscuglio post-ideologico tra governo tecnocratico e politica populista», scrive Politico.
«I tecnocrati e i populisti sono spesso visti come due poli opposti; tuttavia, in una recente pubblicazione, i politologi Bickerton e Accetti hanno sostenuto che – in realtà – tecnocrati e populisti hanno molto in comune: entrambi sono i prodotti dell’affievolirsi delle ideologie di destra e di sinistra, causato da vari fattori (inclusi il ridimensionamento del ruolo dell’appartenenza religiosa ed il crollo dell’Unione Sovietica), che hanno creato l’impressione che ‘non vi sia alternativa’ alla democrazia liberale».

 

(fonte: ilgiornale.it)
L’articolo afferma che questo miscuglio non sia destinato a rimanere un caso isolato alla Penisola, così come fu per l’esperienza del fascismo; anzi, alcuni individuano nel Presidente francese Macron un possibile portabandiera di questa nuova corrente politica.
Ma l’equilibrio minuziosamente costruito attorno alla figura dell’ex Presidente della BCE sarà destinato a durare? Secondo Politico, i partiti ora come ora ritenuti irrilevanti nell’ambito dell’azione politica messa in moto dal Presidente del Consiglio, renderebbero comunque difficile la vita al Governo – se Draghi dovesse essere eletto al Quirinale.
Ma le domande più importanti che seguirebbero ad un’eventuale elezione di Draghi riguardano soprattutto l’attuazione del PNRR e della legge di bilancio, approvata alcune settimane fa, e già oggetto di pesanti contestazioni da parte di sindacati come CGIL e UIL.
Valeria Bonaccorso