Occupata sede nazionale del Cnr: la protesta di ricercatori precari

Redazione Attualità
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Venerdì 19 novembre, la sede nazionale del Cnr, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stata occupata simbolicamente da numerosi ricercatori precari. L’obiettivo dell’occupazione è il tentativo di farsi ascoltare dallo Stato. I ricercatori chiedono un contratto a tempo indeterminato già dal 2017. L’occupazione della sede romana, in piazzale Aldo Moro, è prevista fino al 30 novembre, giorno in cui verranno assunti solo 60 dei 400 ricercatori che hanno vinto il concorso. Alla protesta partecipano anche i sindacati Cisl, Uil e Cgil, che hanno definito la decisione del Cnrimmorale, assurda, incomprensibile e inaccettabile”. Nel comunicato rilasciato dai sindacati si legge:

«Il nuovo corso guidato da Maria Chiara Carrozza e da Giuseppe Colpani si sta assumendo la grave responsabilità di mandare a casa più di 400 tra ricercatori e tecnologi, in attesa da anni di assunzione a tempo indeterminato»

e ancora:

«Il più grande ente di ricerca pubblico del paese di fatto lascia senza lavoro quasi 400 lavoratrici e lavoratori che da anni e anni, senza alcuna tutela, contribuiscono al prestigio dell’ente»

Gli striscioni fuori dalla sede (fonte livesicilia.it)

La situazione è instabile dal 2017

Nel 2017 è stata approvata la legge Madia. L’obiettivo della legge era la diminuzione dei contratti a tempo determinato nei centri di ricerca pubblici. Il concorso, successivo alla legge, avrebbe permesso l’assunzione di 1070 ricercatori precari nell’Amministrazione pubblica. Tuttavia, solo una piccola parte fu realmente assunta. Altre assunzioni si sono avute nel 2019 e nel 2020, per un totale di 208 ricercatori assunti (su 700 ancora in attesa). La situazione attuale vede, quindi, circa 400 ricercatori del Cnr ancora non regolarizzati. Il problema principale è legato alla validità delle graduatorie del concorso, come ha spiegato il ricercatore precario del Cnr di Firenze, Lorenzo Marconi:

«Il vero problema è che le graduatorie del concorso a cui abbiamo partecipato nel 2018 scadono a dicembre»

Nonostante le dichiarazioni del Cnr, secondo cui le graduatorie potrebbero scadere il prossimo anno (insieme alla legge Madia), non ci sono certezze. Il rischio sarebbe quello di dover rifare il concorso, insieme a nuovi ricercatori che tentano di ottenere un posto di lavoro.

Ricercatori mascherati dichiarano la morte della ricerca (fonte notizie.tiscali.it)

La legge di bilancio del 2022 non risolve il problema

Volgendo il nostro guardo verso l’aspetto economico, la situazione non è certo delle migliori. La legge di bilancio del 2022 ipotizza uno stanziamento di 60 milioni di euro per la ricerca, dei quali soltanto 10 saranno finalizzati alla stabilizzazione dei precari. Al problema delle risorse insufficienti si aggiunge anche la verifica del piano di riforma del Cnr, affidata a un organismo esterno. Secondo i sindacati, questa scelta limita l’autonomia del Cnr, il quale avrebbe già degli organi interni preposti al controllo. A parlare è la Cgil: «Non accetteremo questa deriva. Difenderemo la democrazia nella ricerca pubblica».

In merito alla questione, sono intervenuti anche degli esponenti politici. Francesco Verducci (Partito Democratico) sostiene che:

«L’amministrazione del Cnr oggi propone di assumere per quest’anno non più di 60 dei 350 tra ricercatori e tecnologi che hanno maturato i requisiti per l’assunzione. Il Cnr propone di rimandare al 2022 qualsiasi decisione, sconfessando così le numerose deliberazioni che governo e parlamento hanno espresso. Ci sono tutte le condizioni e le risorse affinché l’Ente nel giro di un anno possa assumere circa 700 tra ricercatori e tecnologi, consentendo l’esaurimento del precariato storico»

Il deputato pentastellato, Alessandro Melicchio, ha detto:

«È necessario che il Cnr proceda con le assunzioni dei ricercatori in graduatoria: ci auguriamo lo faccia in fretta»

Beatrice Galati