Tra psiche e intestino: la Sindrome dell’Intestino Irritabile

Redazione UniVersoMe
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Negli ultimi decenni si sta rivolgendo una maggiore attenzione nei confronti del rapporto tra intestino e cervello. Proprio questa comunicazione potrebbe, in parte, spiegare la SII, ovvero la Sindrome dell’Intestino Irritabile.

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  1. Cosa è?
  2. Come si sviluppa?
  3. Come curarla? Gli approcci
  4. Conclusioni

 

Cosa è?

La SII ( Sindrome dell’intestino irritabile), è un disordine intestinale di tipo funzionale.  Tale condizione è caratterizzata da dolore addominale e l’alternarsi di stipsi (mancata evacuazione) e diarrea.

La prevalenza mondiale è di circa il 10%. I soggetti interessati appartengono alla fascia compresa tra i 20 e i 40 anni, principalmente di sesso femminile (rapporto F:M di 2:1). Dunque, è una condizione abbastanza frequente e rappresenta una delle più comuni malattie gastrointestinali oggi diagnosticate.

Per la sua diagnosi si utilizzano i criteri di Roma IV:

  1. Dolori addominali intensi, acuti, a localizzazione periombelicale, della durata di un’ora o più;
  2. Intervallo di settimane o mesi tra gli episodi;
  3. Dolore invalidante e interferente con le normali attività;
  4. Dolore associato a 2 o più dei seguenti disturbi: anoressia, nausea, vomito, cefalea, fotofobia, pallore;
  5. I  sintomi non possono essere spiegati da altra condizione medica.

Va sottolineato che ad oggi la diagnosi è ancora di esclusione. Il ritardo che ne deriva ha delle conseguenze sia sul soggetto, in quanto questa sindrome impatta negativamente sulla qualità di vita, che sul Sistema Sanitario, poiché vengono eseguiti diversi esami e quindi un costo sociale elevato.

Come si sviluppa?

La SII è una sindrome multifattoriale in cui intervengono tre principali fattori: ipersensibilità viscerale, alterazioni dell’attività motoria gastrointestinale e disturbi della sfera psicologica.
Recenti studi hanno dato importanza anche alla composizione del microbiota intestinale, la cui alterazione potrebbe essere un fattore scatenante in soggetti predisposti.

A livello intestinale, il Sistema Nervoso si organizza in maniera peculiare e viene definito Sistema Nervoso Enterico.
Presenta diversi tipi di neuroni: alcuni deputati alla percezione del dolore (neuroni sensitivi), altri alla motilità intestinale (motoneuroni).
I soggetti affetti presentano l’alterazione di un tipo di neuroni sensitivi, i quali normalmente si attivano solo in caso di stimoli pericolosi. In questo caso invece, essi si attivano anche per stimoli innocui generando dolore. L’alterazione dei motoneuroni, invece, spiega la presenza di stipsi e diarrea.

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Una componente fondamentale nella fisiopatologia di questa sindrome è l’aspetto psicologico del paziente. Diversi disturbi di natura psicologica possono presentarsi in questi quadri clinici: ansia, ostilità, fobia, paranoia, somatizzazione e abuso di sostanze.
E’ stato osservato che in questi soggetti si ha maggiore tendenza a sviluppare sintomi in seguito ad eventi stressanti; pertanto i cosiddetti fattori ambientali (lavoro, studio, ecc) assumono un importante ruolo. Spesso i classici dolori crampiformi compaiono durante la giornata (per esempio al risveglio) in relazione a ciò che circonda la persona, mentre sono assenti durante il sonno o possono scomparire durante periodi di vacanza.
Soggetti stressati inoltre, possono sviluppare sintomi extraintestinali come disturbi del sonno, alterazioni del tono, lombosciatalgia o cistiti.

Come curarla? Gli approcci

Esistono due tipi di gestione: farmacologica e non farmacologica. La scelta viene effettuata sulla base della severità clinica.

Approccio non farmacologico
Molti pazienti traggono giovamento da una modifica della dieta: diete povere in glutine, ridotto consumo di fruttosio, lattosio o altri tipi di carboidrati. Tuttavia non esistono delle linee guida ufficiali, poiché la sensibilità a tali alimenti è del tutto soggettiva.
Un altro approccio non farmacologico è la terapia cognitivo comportamentale (TCC). Lo scopo è educare il paziente sulla sindrome e sulla gestione dello stress attraverso delle tecniche di rilassamento come la respirazione diaframmatica o il rilassamento muscolare progressivo.

Approccio farmacologico
 Il metodo farmacologico interviene soprattutto sulla sintomatologia. Principalmente vengono somministrati agenti antispastici per il dolore addominale e lassativi o antidiarroici per le variazioni dell’alvo. Nel caso di importante interessamento della sfera psicologica, utile è l’applicazione di antidepressivi.

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Infine, l’indicazione all’utilizzo di probiotici e il ricorso al FMT si spiegano in virtù delle evidenze di correlazione tra gastroenteriti infettive e SII. Un recente articolo di Pimentel M. e Lembo A., riporta le conseguenze osservate su modelli animali dopo un infezione enterica: alterazione della consistenza delle feci, aumentata presenza di cellule infiammatorie, alterazione della componente muscolare e della flora batterica.
Molti soggetti si nota una
variazione della composizione del microbiota dopo l’evento infettivo e, probabilmente, ciò potrebbe essere uno dei momenti chiave per lo sviluppo della sindrome.

Conclusioni

Da anni l’intestino viene soprannominato “secondo cervello” e, alla luce di quanto detto, si può comprendere il perché. Come del resto sosteneva il filosofo Feuerbache: “Noi siamo quello che mangiamo”.

Gaetano Giusino

Bibliografia:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32026278/

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