La Chiesa Cattolica ha chiesto all’Italia di non approvare il Ddl Zan

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Il Vaticano ha chiesto all’Italia di non approvare il Ddl Zan. Da sempre contraria al disegno di legge contro l’omotransfobia, La Chiesa Cattolica ha deciso di passare dai semplici ammonimenti e prese di posizione ai canali ufficiali. Con la “nota verbale”, recapitata all’ambasciata italiana presso la Santa Sede lo scorso 17 giugno, la Chiesa interviene pubblicamente nell’iter di approvazione di una legge italiana per la prima volta nella storia repubblicana.

fonte: Il Fatto Quotidiano

La nota verbale

Sulla questione Ddl Zan già la Cei (Conferenza episcopale italiana) si era espressa ufficialmente. Nel giugno del 2020 aveva affermato l’inutilità della legge data l’esistenza di «già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio». Un mese e mezzo fa il presidente Gualtiero Bassetti ha affermato come «una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza». Più duro il vescovo di Ventimiglia-Sanremo Antonio Suetta che non si è trattenuto dal definire il disegno di legge come «un attacco teologico ai pilastri della dottrina cattolica». Posizioni forti, e non prive di successive critiche, ma pur sempre legittime.

Monsignor Gallagher, fonte: Pieriodico Daily

La “nota verbale” è stata consegnata giovedì scorso dal Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, nelle mani del primo consigliere dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede e sita in palazzo Borromeo in Roma. Si tratta di una comunicazione formale, scritta in terza persona e non recante alcuna firma, al cui interno sono espresse le preoccupazioni della Chiesa in merito alla possibile approvazione del disegno di legge. La nota è stata immediatamente girata al Gabinetto del Ministero degli Esteri del ministro Luigi Di Maio e all’Ufficio Relazioni con la Farnesina.

Mai prima di oggi la Chiesa Cattolica aveva adoperato i canali diplomatici a sua disposizione, previsti all’interno dei Patti Lateranensi del ’29 e dagli Accordi di Villa Madama dell’84.

Le preoccupazioni della Chiesa Cattolica

«Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato». Il primo comma assicura alla Chiesa “libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale”, mentre il terzo comma garantisce “ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Diritti e garanzie che verrebbero lesi da una possibile approvazione del testo di legge. Ad esempio la libertà di organizzazione verrebbe lesa per via dall’assenza di forme di esenzione per le scuole private, e quindi anche quelle cattoliche, dalla partecipazione o l’obbligo di organizzazione di eventi inerenti la costituenda Giornata Mondiale contro l’omotransfobia. O ancora, e non di poco conto, la libertà di pensiero dei cattolici potrebbe essere minata, secondo la Santa Sede, da eventuali condotte discriminatorie e dal rischio di eventuali ripercussioni giudiziarie. Ripercussioni, queste ultime, che potrebbero ricadere anche sui ministri di culto. La dottrina e la propaganda cattolica sono da sempre contrarie all’equiparazione sul medesimo piano della dignità delle coppie omosessuali rispetto alla famiglia tradizionale poiché nel “disegno divino” lo scopo dell’unione è unicamente quella della procreazione. Il timore è che le eventuali posizioni esplicitamente omofobe di alcuni sacerdoti rese pubblicamente potrebbero essere perseguite come un reato.

Cosa dice il Ddl Zan

Il Ddl Zan, intitolato «Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità», è già stato approvato alla Camera il 4 novembre scorso e attualmente si trova sotto esame in commissione Giustizia al Senato. Il testo si compone di 10 articoli ed estende l’applicazione dei reati d’odio per discriminazione razziale, etnica o religiosa a forme di discriminazione contro omosessuali, donne e disabili. La pena prevista è della reclusione fino a 18 mesi o una multa fino a 6000 euro nei confronti di chi istiga o commette atti di discriminazione. Nel caso in cui invece si istigassero o commettessero atti di violenza, o si partecipasse a organizzazioni che incitano a discriminazione e violenza, la pena sarebbe da 6 mesi a 4 anni.

Il deputato Alessandro Zan (Partito Democratico), fonte: Open

La reazione alla nota breve

In risposta alle preoccupazioni palesate dalla Santa Sede i promotori e le promotrici della legge hanno ribadito, per l’ennesima volta, come non vi sia alcuna messa in discussione della libertà di espressione. La lettera della legge non impedisce la costituzione o il mantenimento di una qualsiasi associazione che faccia campagna contro l’equiparazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso. Ciò che si vuole impedire attraverso la criminalizzazione è, piuttosto, che venga linciata una coppia non eterosessuale in quanto, semplicemente, non eterosessuale.

fonte: Today

La nota, il cui contenuto inizia ad ricevere sostegni dalle aree più a destra e integraliste, cattoliche e non, ancora non è stata posta all’attenzione del premier Draghi né, tanto meno, del Parlamento. Sarà interessante scoprire come verrà risolta la questione essendo impossibile, come si palese in queste ore sui social dai numerosi commenti, il semplice richiamo alla laicità dello stato e alla non interferenza negli affari interni italiani. Lo Stato e la Chiesa Cattolica, che piaccia o meno, sono due realtà che condividono non solo una dimensione territoriale comune ma anche e soprattutto un sostrato storico e culturale suggellato nell’art.7 della Costituzione e rafforzatosi nelle dinamiche elettorali e politiche della storia pre e post repubblicana. L’unica via sarà dunque quella si rifarsi agli strumenti previsti all’interno dei trattati e l’articolo 14 del Concordato potrebbe essere lo strumento adeguato. In esso si stabilisce che «se in avvenire sorgessero difficoltà di interpretazione o di applicazione delle disposizioni precedenti, la Santa Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di un’amichevole soluzione ad una Commissione paritetica da loro nominata». Soluzione amichevole sul cui esito si spera nessuno rischi la pelle.

Filippo Giletto