Arresto cardiaco nei giovani atleti: cosa potrebbe essere successo a Eriksen?

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Non si può non rimanere colpiti dalle immagini trasmesse durante la partita Danimarca – Finlandia, valevole per i campionati europei di calcio in corso. I momenti che hanno visto perdere i sensi a Christian Eriksen, ventinovenne calciatore danese, sono stati abbondantemente ripercorsi dai media. Una delle cose che sembra più stupire è come sia possibile che il cuore di un giovane sportivo in forma e attentamente monitorato possa smettere di battere all’improvviso.

L’arresto cardiaco è un evento molto complesso: inevitabilmente si rischia di essere imprecisi quando si commenta la vicenda. In effetti, le informazioni finora a disposizione sono parziali e ci permettono solo di fare delle ipotesi. L’occasione però può essere utilizzata per chiarire il concetto di “arresto cardiaco” e per ricordarne le principali cause nel giovane sportivo.

Cosa significa arresto cardiaco

L’AHA (American Heart Association, importante organizzazione medica statunitense) definisce l’arresto cardiaco come “la cessazione improvvisa dell’attività cardiaca in una persona a cui può essere stata diagnosticata o meno una malattia cardiaca”.

Per “attività cardiaca” si fa riferimento all’attività meccanica del cuore che, agendo da pompa, garantisce la circolazione del sangue. L’attività meccanica è accoppiata a quella elettrica che fa da segnapassi e mantiene il ritmo: un’alterazione dell’attività elettrica può comportare la perdita di una contrazione meccanica efficiente.

L’AHA, nella stessa definizione, evidenzia l’importanza di “prendere rapidamente delle misure correttive”. Questo sottolinea come l’arresto cardiaco, se affrontato col giusto tempismo, non sia necessariamente una condizione irreversibile.

Cosa potrebbe essere accaduto ad Eriksen

Sulla base delle immagini trasmesse, il calciatore è stato defibrillato. Con questo termine si intende il tentativo di ripristinare il ritmo normale in un cuore che non si contrae nella maniera corretta, a causa di specifiche turbe dell’attività elettrica.

Le uniche aritmie tali da giustificare una defibrillazione in quella condizione sono una tachicardia ventricolare senza polso o una fibrillazione ventricolare. In entrambi i casi l’attività meccanica dei ventricoli non è efficiente per il mantenimento della circolazione. In pochi secondi il cervello va in sofferenza e ciò determina la perdita dei sensi. Anche gli altri organi non risultano perfusi e non possono mantenere la loro funzionalità.

Un intervento tempestivo può salvare numerosissime vite

Un importante studio su una popolazione di 1667 pazienti ha calcolato che, in seguito a un arresto cardiaco, le possibilità di sopravvivenza sono del 67% se viene prestato soccorso immediato in maniera corretta.

Tale valore scende di una percentuale fino al 5.5% per ogni minuto di ritardo. Dopo dieci minuti dall’arresto le possibilità di sopravvivenza sono drasticamente ridotte. Il tempo che passa si associa anche a una maggior incidenza di deficit neurologici dovuti alla protratta sofferenza cerebrale.

L’addestramento del personale non medico può permettere di intervenire più tempestivamente e di salvare centinaia di migliaia di persone ogni anno nel mondo. L’intervento del compagno di squadra Kjaer rappresenta un ottimo esempio di prontezza, sebbene rimanga comunque la necessità di una maggior sensibilizzazione, specie tra sportivi professionisti. In molti si sono concentrati sul gesto di “tirare fuori la lingua”, ma l’AHA già dal 2010 suggerisce di concentrarsi già da subito sul ripristino della circolazione, attraverso le compressioni, e pensare solo successivamente alle vie aeree. Una ricerca ha osservato anche come concentrarsi inizialmente sulla lingua del paziente in arresto possa peggiorare le sue chance di sopravvivenza.

Catana della sopravvivenza degli arresti cardiaci extraospedalieri – Fonte: AHA

Quali possono essere le cause di arresto cardiaco

Nella popolazione generale, la principale patologia che determina arresto cardiaco è la cardiopatia ischemica. La condizione spesso dipende da una malattia delle arterie coronarie, di solito su base aterosclerotica. Si verifica, tipicamente, nei soggetti più adulti e risulta identificabile attraverso i normali esami di routine. Non si tratta, verosimilmente, della causa alla base dell’evento che ha colpito il giovane trequartista danese, sottoposto, da sportivo, a un’attenta sorveglianza medica.

Le altre cause di arresto cardiaco improvviso, in particolare nel giovane sportivo, sono eterogenee e talvolta di difficile identificazione e diagnosi.

Cause di morte improvvisa in 314 autopsie – Fonte: European Heart Journal

Le principali cause che possono determinare morte cardiaca improvvisa nel giovane

Un lavoro scientifico italiano si è concentrato sulla trattazione delle principali cause responsabili di morte improvvisa in seguito ad arresto cardiaco nel giovane. Si evidenzia anche come nello sportivo le cause siano sovrapponibili, con un’incidenza di eventi fatali però maggiore di 2,5 volte. La spiegazione starebbe nel fatto che l’attività fisica potrebbe innescare più facilmente delle aritmie nel contesto di patologie latenti. Le cause identificate sono distinte in meccaniche ed elettriche.

Cause meccaniche

Quelle meccaniche dipendono tipicamente dalla rottura di grossi vasi come l’aorta ascendente con tamponamento cardiaco. Si tratta di eventi meccanici che non prevedono la possibilità di defibrillazione in quanto il problema non è il ritmo, e vanno quindi escluse nel caso specifico del giocatore.

Cause elettriche

Alcuni difetti strutturali del cuore o difetti funzionali dell’attività delle cellule che compongono l’organo possono predisporre allo sviluppo di aritmie, alle volte fatali. Nel giovane entrambe le eventualità sono dovute spesso ad una condizione ereditaria.

Tra le cause strutturali ci sono le cardiomiopatie, patologie molto eterogenee. Tra tutte, la cardiomiopatia ipertrofica è responsabile di più di un terzo degli eventi fatali negli USA. Nella patologia si verifica un ispessimento progressivo delle pareti del cuore, con fibrosi, sofferenza ischemica e aumentata incidenza di eventi aritmici.

Un ruolo altrettanto importante ce l’ha la cardiomiopatia aritmogena. Si tratta di un difetto complesso in cui viene progressivamente sovvertita la struttura del ventricolo, con possibile insorgenza di aritmie maligne.

Altra condizione ben nota è la sindrome di Wolff-Parkinson-White, in cui la presenza di un fascio di conduzione anomalo tra atrio e ventricolo può causare rapide tachicardie che possono degenerare in fibrillazione ventricolare.

Altre cause strutturali, più rare, sono le anomalie congenite delle arterie coronarie, la cardiomiopatia dilatativa (che assume maggior importanza nell’adulto), il prolasso della valvola mitrale (sebbene si tratti molto più spesso di una condizione assolutamente benigna).

Quelle menzionate finora sono patologie su base ereditaria. Particolare rilevanza va anche data alla miocardite, patologia invece su base acquisita che si caratterizza per un’infiammazione a carico del muscolo cardiaco con un aumentato rischio di episodi aritmici. Si tratta di una condizione che, a volte, può essere del tutto asintomatica e rappresenta spesso il coinvolgimento del cuore nel contesto di infezioni sistemiche (per esempio, dopo influenza, gastroenteriti o persino in corso di COVID-19).

Tuttavia, tra il 5 e il 25% dei giovani che vanno incontro a morte cardiaca improvvisa non presentano evidenza di una patologia strutturale del cuore. Tali condizioni vengono definite non strutturali e dipendono spesso da difetti a carico dei canali che regolano la funzione elettrica del cuore (canalopatie). Si tratta di un territorio complesso e ancora in parte inesplorato. Tra le patologie più frequenti ci sono la sindrome del QT lungo o corto, la sindrome di Brugada e la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica.

La risposta non sta per forza nel cuore

Anche patologie extracardiache che colpiscono altri organi e apparati possono determinare l’insorgenza di gravi aritmie. Molte condizioni metaboliche (ad esempio, le alterazioni elettrolitiche), patologie infettive che non coinvolgono direttamente il cuore, alcuni farmaci, ma anche eventi neurologici, come alcune forme di epilessia o gli ictus, o addirittura alcune neoplasie possono interferire con la normale funzionalità elettrica cardiaca.

Si può fare prevenzione, ma non è sempre possibile agire d’anticipo

Molte di queste condizioni si possono evidenziare già negli esami generali o nelle indagini elettrocardiografiche o ecocardiografiche di routine in quanto presentano spesso un quadro suggestivo. Identificare la presenza di una cardiopatia nel giovane permette di seguire il paziente ed eventualmente, se il caso lo prevede, impiantare un defibrillatore automatico. Diagnosticare una patologia extracardiaca permette eventualmente di trattarla.

Altre volte, la patologia può presentarsi in maniera meno evidente o caratterizzarsi addirittura per una completa normalità degli esami diagnostici di routine. Alcuni esami, come la risonanza magnetica del cuore o i test genetici possono permettere di studiare e caratterizzare molte patologie “invisibili”. Tuttavia, non sono esami che possono essere proposti su larga scala a tutti i pazienti giovani nel contesto di una visita cardiologica di controllo. Inoltre, sarebbe impossibile riuscire a diagnosticare tutto in quanto la caratterizzazione genetica di alcune condizioni non è ancora completa.

Durante il match Danimarca – Finlandia abbiamo assistito alla conferma pratica e, in parte, drammatica del fatto che un intervento tempestivo può cambiare il destino di chi subisce un arresto cardiaco. Si tratta di eventi che, come abbiamo visto, hanno un’importanza anche nei giovani, e in particolare negli sportivi.

Non dovrebbe mai essere comprensibile l’assenza, anche in un contesto non medico, di un soggetto che sappia praticare le principali misure di primo soccorso. Comprimere un torace per qualche minuto, in attesa dei soccorsi medici, può fare la differenza tra la vita e la morte.

Antonino Micari