Sea Watch 3, l’inchiesta su Carola Rackete è stata archiviata

Redazione Attualità
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Era la notte del 29 giugno del 2019 quando la Sea Watch 3, nave battente bandiera dei Paesi Bassi, forzò l’ingresso all’interno del porto di Lampedusa. Al momento dell’attracco la nave fece scendere a terra ben 42 persone, migranti recuperati a largo della costa libica. Questa faceva, e fa tutt’oggi, parte della ONG tedesca Sea Watch, da anni impegnata nel recupero e salvataggio di migranti nel Mediterraneo. La vicenda ebbe particolare risalto mediatico e monopolizzò nei giorni successivi l’attenzione dei principali salotti televisivi. In particolar modo, a finire nell’occhio del ciclone fu il comandante dell’imbarcazione, la tedesca Carola Rackete. Fu la 31enne a decidere volontariamente di violare le indicazioni delle autorità italiane e sbarcare sull’isola finendo con l’urtare, nel corso delle manovre di attracco, con una motovedetta della guardia di finanza italiana. Anche per questo motivo Carola venne successivamente arrestata con l’accusa di resistenza a una nave da guerra e tentato naufragio. Oggi, a due anni di distanza da quei fatti, la Procura di Agrigento ha visto accogliersi la sua richiesta di archiviazione delle accuse a carico della comandante della nave Sea Watch 3 da parte del gip di Agrigento.

La Sea Watch 3, fonte: Vita.it

I pregressi della vicenda

La Sea Watch-3 recuperò 53 persone nelle acque della zona SAR (search and rescue) libica il 12 giugno 2019. Di questi, 11 furono immediatamente portate a terra trovandosi in condizioni fisiche critiche e necessitanti immediato intervento medico. Le restanti 42 rimasero a bordo della nave che si diresse verso l’Italia. Il porto più vicino era quello di Lampedusa ma l’imbarcazione dovette rimanere in posizione di attesa in acque internazionali poiché le autorità italiane non rilasciavano il permesso di entrare. Col passare dei giorni e il perdurare del divieto, il 21 giugno venne fatta richiesta alla Corte europea dei diritti dell’uomo affinché questa costringesse l’Italia a far approdare la nave. La richiesta, proveniente dal comandante Carola Rackete, venne respinta poiché il tribunale disponeva tali misure solo in caso vi fosse un “rischio immediato di danno irreparabile”. Per il tribunale la situazione a bordo non era tale per cui obbligare l’Italia, che nel frattempo, comunque, si era premurata di assistere le persone ferite, le donne e i bambini.

L’allora Premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini. fonte: money.it

La situazione in Italia era enormemente differente rispetto ad oggi e il tema dell’immigrazione era tra i topic principali dell’agenda politica. La presenza al governo (l’allora Conte I) di un partito politico come la Lega, che faceva e fa tutt’oggi della lotta all’immigrazione uno dei suoi principali cavalli di battaglia, rendeva agli occhi di molti difficile la possibilità di risolvere diplomaticamente tali tipi di questioni. Il muro contro muro era la scelta normalmente più percorsa sebbene la maggior parte delle vicende si risolvessero, lontano dal clangore mediatico, con il salvataggio degli sfortunati. Inoltre era da poco stato varato il Decreto Sicurezza-bis, voluto fortemente dall’allora segretario della Lega e Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e previsto dal “contratto di governo” stipulato con il MoVimento 5 Stelle.

 

L’approdo della Sea Watch 3

Dopo due settimane di navigazione, la nave da diporto entrò nelle acque territoriali italiane. Ciò avvenne in violazione del divieto emesso dalle stesse autorità italiane e provocò immediatamente le ire del Ministro degli Interni. A rendere ancor più incandescente la questione certamente contribuì l’urto della Sea Watch 3 con una motovedetta della guardia di finanza. Quest’ultima, ponendosi tra l’imbarcazione e la banchina del porto, cercò di impedire l’attracco della nave dell’ONG tedesca che, impegnata nelle operazioni di ormeggio, finì con l’urtarla. Nel corso delle ore successive ai migranti vennero prestate misure di primo soccorso ma l’attenzione mediatica fu tutta riversa nei confronti della comandante tedesca.

Carola Rackete al momento dell’arresto, fonte: LaRepubblica

L’immagine di Carola Rackete fu letteralmente presa di mira, non solo per il ruolo svolto nella vicenda, ma in quanto donna, tedesca e facente parte di una ONG. I suoi capelli, la sua provenienza da un contesto familiare agiato e il fatto di essersi presentata alla Procura di Agrigento senza reggiseno divennero i temi caldi di quei giorni estivi e parvero divenire aggravanti alle azioni da lei commesse. La nave fu sottoposta a fermo dalla guardia costiera e la sua comandante accusata di resistenza a nave da guerra e tentato naufragio, per cui è prevista la reclusione dai tre ai dieci anni.

La solidarietà e gli insulti verso Carola Rackete

L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, venuto a sapere della vicenda, offrì di prendersi cura dei migranti senza costi per lo Stato italiano. Offerte simili provennero da diverse città tedesche e vennero ribadite da Horst Seehofer, Ministro degli Interni tedesco, a patto però che venissero coinvolti altri stati dell’Unione Europea. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio dispose nei confronti della 31enne tedesca gli arresti domiciliari ma la gip (giudice delle indagini preliminari) di Agrigento, Alessandra Vella, decise successivamente di non convalidare il fermo. Nel frattempo la vicenda animava non solo i tribunali e le tv ma anche i social.

post sulla pagina facebook di Matteo Salvini, fonte: Globalist

Carola Rackete divenne bersaglio principale della “bestia” di Matteo Salvini. La macchina social, vero e proprio fulcro della propaganda salviniana, non elemosinava certo commenti di plauso o vicinanza. Nonostante il trattamento riservatole, nel settembre 2019, la comandante tedesca querelò l’oramai ex ministro degli interni per diffamazioni. Ai messaggi di odio e insulti si contrapponevano però anche quelli di elogio e solidarietà. Una raccolta fondi imbastita nei giorni successivi all’approccio della Sea Watch 3 raccolse più di 500 mila euro per coprire le spese legali. 

fonte: LiberoQuotidiano

La conclusione

Oggi, a due anni dai fatti, come detto la vicenda si è conclusa. Già nel febbraio 2020 la Cassazione aveva confermato la legittimità del “no” all’arresto di Rackete. Nelle motivazioni depositate si legge che “la comandante della Sea Watch 3 ha agito correttamente in base alle disposizioni sul salvataggio in mare. Ella è dovuta entrare nel porto di Lampedusa poiché l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”.

È inoltre stata esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta perché “al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle”.

Carola Rackete ha dunque agito in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave.

Filippo Giletto