Il potere della Costituzione a servizio delle future generazioni: così l’ambiente torna al centro del dibattito

Redazione UniVersoMe
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Roberto Cingolani, ministro per la transizione ecologica – fonte: baritoday.it

Ne abbiamo sentito parlare per 40 anni, ma ora potrebbe diventare realtà. A vantarlo come punto saliente, il discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato: sviluppo sostenibile e giustizia intergenerazionale. Negli ultimi anni il dibattito attorno a questi temi è stato acceso e, rispetto ad alcuni punti, crudele. Sempre più si è fatta notare una mancanza di attenzione verso le generazioni future; sempre più sono state criticate decisioni prese in vista dell’immediato futuro anziché di quello lontano. Abbiamo assistito a catastrofi naturali pensando che la Natura si stesse rivoltando contro di noi – spesso, abbiamo desiderato di estinguerci per non nuocerle più.

Eppure, l’ultimo anno, la pandemia, il lockdown ci hanno servito alcuni dei fenomeni più intensi degli ultimi decenni: la Terra che si riappropria dei suoi spazi. Vedere i delfini nuotare tra i cristallini canali di Venezia ha risvegliato nei più un profondo senso di appartenenza al mondo. Adesso l’uomo sta ricevendo un messaggio: la crisi ha dimostrato che l’unica strada percorribile è quella della corresponsabilità, laddove ognuno sia consapevole che le proprie scelte influiranno sul destino del prossimo. Ecco allora che la celebre frase di Draghi, “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”, si cala all’interno di un contesto che ha coscienza del fatto che l’ambiente non sia più un elemento sacrificabile.

Un delfino nuota nei canali veneziani durante il primo lockdown del 2020 – fonte: mondoaeroporto.it

Da quanto emerso, il nuovo premier sembra intenzionato a garantire il realizzarsi di una riforma costituzionale, avviata dal precedente governo, che si sta trattando in Parlamento. Per la precisione, la riforma coinvolgerebbe gli articoli 2, 9 e 41 della Costituzione. Anche nel 1983 la Commissione Bozzi aveva avanzato una proposta del genere con l’unico risultato di cadere nel vuoto per 38 lunghi anni. Ne deriva che nel migliore dei casi otterremmo la tutela delle generazioni future, dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile come diritti inviolabili del singolo e delle sue formazioni sociali; avremmo poi un’iniziativa economica costretta a rispettare i principi dello sviluppo sostenibile. Nel peggiore, tutto rimarrebbe com’è – con la novità del Recovery Plan che imporrebbe in ogni caso degli interventi orientati in questo senso.

Se nelle ultime settimane abbiamo sentito tanto parlare di ambiente, di sviluppo sostenibile e di transizione ecologica (a cui è stato dedicato un ministero nel neo-governo), è proprio per questo: una delle condizioni che tengono in sospeso il Recovery Fund è l’attuazione della transizione ecologica e digitale del nostro Paese – ossia il raggiungimento di un impatto ambientale pari a zero.

I criteri ai quali devono essere ispirati i piani di ripresa nazionali – fonte: consilium.europa.eu

Ma si tratta di obbiettivi a lungo termine che possono essere conquistati solo col tempo, da generazioni che non sono le nostre. In sostanza, si tratta di comprendere non soltanto cosa il presente stia lasciando a noi, ma soprattutto cosa noi lasceremo in mano ai nostri figli. Ottimisti sì, ma senza illuderci che una tutela formale – benché di massima importanza – possa di per sé comportare un cambiamento sostanziale.

Se pensiamo anche solo all’Accordo di Parigi, trattato ambientalista internazionale che quasi tutti i paesi del mondo si sono impegnati a firmare, e a come esso non venga rispettato da molti membri del G20, la questione appare ancor più evidente. Però è da questo primo passo che ci si rende conto dell’anacronismo tra la situazione attuale e l’aprioristica e dogmatica difesa del testo costituzionale. Chi, dopo e nonostante tutto, invoca l’intoccabilità della Costituzione sminuisce la sua vera potenza, la capacità di adattarsi al carattere vivente ed in evoluzione della realtà al fine di tutelarne ogni aspetto. Ora più che mai si avverte l’urgenza di muovere passi, anche piccoli. E’ l’insegnamento della pandemia: proiettarsi nel futuro, imparare del passato, mai rimanere attanagliati al presente.

Valeria Bonaccorso

Articolo pubblicato il 25 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud