Long-Covid: l’eredità del virus nei pazienti guariti dall’infezione

Scienza & Salute
ACE2 coronavirus GFAP Long Covid NFl

IN PILLOLE:

  • I pazienti guariti dal Covid-19 accusano sintomi anche molti mesi dopo la fine dell’infezione;
  • L’insieme di questi sintomi è stato definito Long-Covid o sindrome da post-Covid;
  • Nei pazienti guariti si evidenziano danni polmonari e la presenza di cellule plurinucleate (sincizi);
  • Si evidenziano danni al sistema cardiovascolare, ai reni e al sistema nervoso centrale;
  • Durante i mesi di lockdown sono aumentati i disturbi psichici presenti già in forma latente.

 

Sappiamo già che un tampone molecolare negativo sancisce la fine dell’infezione da Covid. Ma nessuna vittoria. Sono sempre più numerose le segnalazioni da parte di pazienti guariti che si rivolgono alle autorità sanitarie. Molti sintomi persistono anche a distanza di mesi dalla guarigione. Sindrome da post-Covid o Long-Covid è la definizione data a questo corteo di manifestazioni cliniche. Un Covid lungo sottolinea che le sequele accompagnano il paziente anche per molto tempo. A soffrirne 3 pazienti su 4 tra i ricoverati in UTI durante la fase acuta della malattia, come pubblicato su The Lancet.

STUDIO CINESE 

L’idea di un Covid lungo proviene da uno studio cinese effettuato a Wuhan su 1700 pazienti, ammalatisi tra gennaio e maggio. Ebbene, osservati per tutta l’estate, il 76% di essi accusava ancora almeno un sintomo fino a sei mesi dopo la fine dell’infezione. Le manifestazioni più comuni sono stanchezza e debolezza muscolare, disturbi del sonno, ansia e depressione. I pazienti usciti dalla terapia intensiva sono poi stati sottoposti a spirometria, ecografie e TAC del torace. Questi hanno mostrato una riduzione della capacità respiratoria e un calo della funzione renale.

TUTTO QUI?

La variabilità e l’intensità dei sintomi accusati non sempre correlano con la gravità dell’infezione iniziale. Esiste già una sindrome post terapia intensiva. Secondo questa, pazienti che sono stati in pericolo di vita accusano una diminuzione della salute mentale e delle funzioni fisiche anche dopo un anno. Tuttavia, sintomi come spossatezza, perdita del gusto e dell’olfatto, problemi della memoria e confusione mentale vengono riferiti da pazienti Covid che erano stati critici durante la fase acuta, tanto quanto da soggetti giovani e sani con infezione iniziale non grave. La causa ancora non è nota. Potrebbe essere riconducibile ad una risposta immunitario-infiammatoria impazzita, oppure un’attività virale ancora in corso.

POLMONI

I polmoni sono tra i principali bersagli del Sars-CoV-2. Una volta guarita l’infezione, il più delle volte resta una fibrosi polmonare, cioè un irrigidimento del tessuto polmonare. L’effetto? Una riduzione degli scambi gassosi che avvengono fisiologicamente negli alveoli polmonari. Quanto detto spiegherebbe sintomi come stanchezza, fiato corto, difficoltà respiratoria.

Una ricerca pubblicata sulla rivista Lancet eBioMedicine e condotta fra Italia e Gran Bretagna ha portato all’evidenza alcune cellule anomale nei polmoni di soggetti post-Covid. Utilizzando la proteina Spike, il virus spinge le cellule infettate a fondersi con quelle vicine così da formare dei sincizi (elementi cellulari plurinucleati). Lo studio ipotizza che la persistenza dei sincizi contribuisca al danno polmonare. In più, nel 90% dei casi le autopsie hanno mostrato la presenza di trombi nei vasi polmonari, secondaria ad un’anomala attivazione della coagulazione. Farmaci che impediscono la formazione di aggregati cellulari sinciziali potrebbero rappresentare il prossimo obiettivo in terapia.

CUORE

I virus respiratori (influenza compresa) aumentano il rischio di eventi cardio e cerebrovascolari. Oggi si è scoperto che il nuovo Coronavirus determina un rapido aumento della risposta infiammatoria che può interessare cuore e vasi. Ciò potrebbe spiegare l’insorgenza di vasculiti e miocarditi, cause di aritmie spesso fatali. In vari pazienti si registra un aumento della troponina (marcatore di danno miocardico). Questo dato fa presagire l’arrivo di un danno ischemico. Non solo: questa risposta infiammatoria eccessiva altera le vie di attivazione della coagulazione e causa fenomeni tromboembolici. 

RENE

Anche i reni in ottima salute possono essere preda del virus. A dimostrarlo l’evidenza di insufficienza renale acuta in vari pazienti Covid. Le cause? L’infezione causa una micro-coagulazione del sangue già in vari organi e questa è la base dei vari danni ischemici. Inoltre, pare che l’enzima ACE2, cui il virus si lega mediante la proteina Spike e che è abbondantemente espresso nel rene, veicolerebbe il virus all’interno delle cellule. D’altronde, non è neppure esclusa una tossicità legata ai farmaci usati nel trattamento di pazienti Covid.

CERVELLO

E non finisce qui. Spesso i pazienti si presentano al PS deliranti o letargici. Accanto all’anosmia, sono descritte altre manifestazioni neurologiche associate, come la sindrome di Guillan Barrè, la nevralgia del trigemino, o forme di encefalopatia emorragica necrotizzante. Da qui l’ipotesi di un possibile danno cerebrale. Uno studio pubblicato sulla rivista Neurology ha dimostrato che in pazienti affetti da infezione grave, moderata e lieve si registra un aumento di due marcatori di danno neuronale. Ad aumentare sono la proteina GFAP (proteina acida fibrillare gliale) normalmente contenuta negli astrociti (cellule di supporto ai neuroni) e la NFl (proteina delle catene leggere del neurofilamento). In condizioni fisiologiche, esse sono contenute all’interno delle cellule nervose: se queste ultime vengono danneggiate, allora le proteine si riversano in circolo e aumentano nel sangue.

Le cause? Il cervello di certo soffre dell’ipossia dovuta all’insufficienza respiratoria causata dal virus. Inoltre, disturbi della coagulazione causano ictus ischemici ed emorragici. Ancora, l’eccessiva risposta infiammatoria sistemica attiva una risposta immunitaria. Non si esclude neppure che il virus infetti direttamente il cervello e le meningi.

SALUTE MENTALE

Quel che è certo è che i danni si contano anche su chi non ha mai contratto il virus. Si stima che siano almeno 300.000 in Italia i nuovi casi di disturbi d’ansia legati alla paura del contagio. Sale anche il numero dei suicidi e di esacerbazioni di disturbi psichici già pre-esistenti o latenti, conseguenze dei vari mesi di lockdown.

 

Elena Allegra