A partire dall’1 gennaio 2021 in vigore il nuovo accordo su Brexit. Ecco cosa cambierà

Redazione Attualità
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Il 24 dicembre, a pochi i giorni dall’ 1 gennaio, è arrivato l’accordo sulla Brexit con Bruxelles.

Questo sancisce definitivamente che la Gran Bretagna si separerà dall’Unione Europea.

Facciamo un passo indietro. Come si è arrivati alla Brexit?

La storia del divorzio amichevole, così come è stato definito dal Financial Times, tra Regno Unito e Unione Europea ha avuto inizio il 23 giugno 2016 con il voto popolare del referendum che approvò l’uscita del Regno Unito dall’UE. In realtà, potremmo tornare più indietro nel tempo per rintracciare i primi segnali di questa separazione. Non è un mistero che la Gran Bretagna è sempre stata euroscettica. Lo prova il fatto che aderì alla CEE soltanto nel 1973, dopo la creazione nel ’60 di un’area di scambio alternativa; lo prova la mancata adozione dell’euro; lo prova la decisione di non aderire all’ area Schengen. La Brexit, dunque, non ha colto di sorpresa l’Europa.

All’euroscetticismo, negli anni 2000, si sono aggiunti il crollo finanziario, la preoccupazione dell’opinione pubblica sull’immigrazione e la minaccia politica del partito antieuropeista di destra guidato da Nigel Farage. Tutti fattori che hanno portato il conservatore David Cameron, nel 2015, a promettere, se avesse vinto le elezioni, un referendum sulla Brexit.

David Cameron – Fonte: www.independent.co.uk

Sono seguiti difficili anni di negoziati che hanno visto impegnata anche l’ex premier Theresa May e che si sono conclusi con la vittoria alle elezioni di Boris Johnson e il via libera del Parlamento britannico alla Brexit, la cui realizzazione è avvenuta il 31 gennaio del 2020.

Il difficile cammino verso l’accordo

A partire dall’ 1 febbraio 2020 si è aperta una fase di transizione di 11 mesi per cercare un accordo che regolasse la nuova relazione con l’UE. Mesi difficili, in cui le due parti coinvolte hanno dovuto mediare tra la difesa dei propri interessi e la necessità di scendere a compromessi.

Più volte si è prospettato lo scenario del “no deal”, cioè la possibilità di arrivare all’1 gennaio 2021 senza aver raggiunto un’intesa. Il mancato accordo, prima di tutto, avrebbe messo in pericolo l’economia sia dei paesi dell’Unione sia della Gran Bretagna. L’immediata conseguenza sarebbe stata l’introduzione di dazi e tariffe nello scambio delle merci, il che avrebbe implicato un aumento del loro prezzo per i consumatori. Mark Carney, il governatore della banca d’Inghilterra, aveva affermato che l’ipotesi del no deal avrebbe causato “uno shock istantaneo” all’economia britannica, facendo schizzare i prezzi alle stelle e diminuendo il potere d’acquisto delle famiglie. Ma sarebbero stati in pericolo anche i paesi esportatori, come l’Italia.

Theresa May – Fonte: www.independent.co.uk

A livello politico, il no deal avrebbe compromesso la carriera di Boris Johnson, salito al potere, dopo il fallimento di Theresa May, con l’impegno di realizzare la Brexit ad ogni costo e già messo in cattiva luce dalla gestione della pandemia. Non è un caso, forse, che l’accordo sia arrivato pochi giorni dopo la diffusione della notizia della nuova variante del Covid, che in Gran Bretagna ha fatto salire alle stelle il numero di vittime e ha provocato la sospensione dei voli aerei da più di 40 paesi.

Cosa prevede l’accordo

Cerchiamo adesso di capire come cambierà, in base all’accordo, la relazione tra Gran Bretagna e Unione Europea.

Il patto prevede la liberalizzazione degli scambi commerciali, grazie alla rimozione di dazi e quote. Questo, tuttavia, non implica la caduta di ogni barriera: sono previsti alla dogana controlli di merci e di persone. Gli scambi saranno più difficili e più lunghi.

Per visitare il Regno Unito sarà necessario il passaporto. Se si permane per turismo e per meno di sei mesi non sarà obbligatorio il visto, indispensabile invece se ci si trasferisce nel Paese per motivo di lavoro o per più di sei mesi.

Con l’accordo, arriva anche una nota dolente per gli studenti universitari: il governo britannico non prenderà più parte al progetto Erasmus, aderendo invece al Turing Scheme, programma che permetterà agli studenti britannici di studiare non solo nelle università europee ma anche nelle migliori del mondo.

Il patto regolamenta anche la pesca, una questione controversa che più volte ha rischiato di far precipitare i negoziati. Fino al giugno 2026, i pescherecci UE potranno accedere alle acque territoriali britanniche ma dovranno ridurre il pescato del 25%. Dopo questa data, l’accesso e le quote saranno ristabilite ogni anno.

Un’altra questione disciplinata è quella della concorrenza sleale tra aziende europee e aziende britanniche: è stato stabilito un minimo standard ambientale, sociale e dei diritti dei lavoratori al di sotto del quale nessuno potrà scendere, con la possibilità di intervenire nel caso in cui si ritenga che l’altra parte stia facendo concorrenza sleale.

Una vittoria importante per Johnson riguarda la Corte di Giustizia, che cesserà di avere potere giuridico sul Regno Unito e sarà sostituita da un arbitrato indipendente.

Una conquista importante per l’UE è stata invece l’introduzione di una clausola per regolare l’eventuale violazione del patto, che prevede l’imposizione di dazi su alcuni beni.

Non è presente, invece, nessuna norma relativa al settore dei servizi finanziari. Una grave perdita per la Gran Bretagna, la cui economia attinge enormemente dall’esportazione dei servizi verso l’UE. La City di Londra, l’importante centro finanziario che comprende la Banca d’Inghilterra, la Borsa, le Corti di Giustizia e molte banche e società assicurative internazionali, cesserà di far parte del mercato finanziario unico europeo.

L’entusiasmo per l’accordo

L’accordo è stato accolto con entusiasmo da Boris Johnson:

“Per la prima volta dal 1973 il Regno Unito sarà uno stato costiero indipendente con il pieno controllo delle nostre acque di pesca”.

Rassicuranti le parole di Ursula von der Leyen che precisa come si tratti di un accordo bilanciato che rispetta gli interessi di entrambe le parti.

Soddisfatto dell’intesa anche il premier Conte, sicuro che l’accordo garantisca gli interessi e i diritti di imprese e cittadini europei. Si dimostra entusiasta anche il ministro per gli affari europei Enzo Amendola:

“Deal, accordo raggiunto in extremis tra Ue e Uk. Un buon compromesso che tutela innanzitutto gli interessi di cittadini e aziende europee. Da oggi la Brexit è il passato, il futuro è l’Europa”.

Il ministro Enzo Amendola – Fonte: www.statoquotidiano.it

Sentiremo ancora parlare di Brexit?

Non possiamo, però, come il ministro Amendola essere certi che la Brexit appartenga ormai al passato. Si pensi, ad esempio, alla questione della pesca che dal 2026 riaprirà nuove trattative. Per non parlare del fatto che l’applicazione dell’accordo aprirà, di certo, in futuro delle controversie che faranno riemergere l’argomento Brexit.

Non è un capitolo chiuso né per la Gran Bretagna che sarà impegnata nei prossimi mesi ad affrontare le difficoltà implicate nell’applicazione dell’accordo né per l’Unione Europea che ne esce moralmente sconfitta. Ne è consapevole la stessa Ursula Von der Leyen:

“Questo, fino ad oggi, era il gruppo a cui tutti volevano unirsi, non andarsene”.

Chiara Vita