Oggi Conte al Consiglio europeo: il via alla riforma sul Mes. Ancora contrasti sul Recovery Plan

Redazione Attualità
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Una settimana impegnativa per il premier Conte, che tenta di tenere il timone dell’Italia destreggiandosi tra il controllo della pandemia, i conflitti per la gestione del recovery fund e lo scompiglio causato dalla riforma sul Mes approvata ieri in Parlamento. Quest’ultima sarà al centro del Consiglio Europeo che si terrà oggi e domani a Bruxelles, durante il quale Conte darà il via libera alla trasformazione apportata proprio da tale riforma all’economia europea.

Che cos’è il Mes? Che cosa prevede la riforma?

Il Mes, ovvero il meccanismo europeo di stabilità, è uno strumento nato nel 2012 per contrastare una possibile crisi del debito dei paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come moneta. Il Mes ha una dotazione complessiva di 700 miliardi di euro, è finanziato direttamente dai singoli Stati membri in base al loro specifico peso economico ed è gestito da un’apposita struttura che ha sede a Lussemburgo. Il Paese in crisi, per ottenere un aiuto, deve accettare un piano di riforme la cui applicazione è sorvegliata da Troika, un organismo costituito dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. Il piano prevede pesanti tagli alla spesa pubblica.

La riforma del Mes, approvata ieri dal Parlamento italiano, prevede tre cambiamenti importanti. Per ottenere un prestito non sarà più necessario sottoscrivere un accordo di riforme impopolari, ma sarà sufficiente una lettera di intenti. Il fattore limitante è che tale regola vale solo per quegli stati che rispettano i parametri di Maastricht.

Inoltre, la riforma tenta di rendere più facile la ristrutturazione del debito pubblico di un paese che chiede aiuto al Mes. Ristrutturare il debito pubblico significa concordare una riduzione del valore del prestito fatto allo stato, il che, per i creditori, vuol dire perdere parte del loro investimento nel momento in cui scatta il pacchetto di aiuti. La riforma introdurrebbe le single limb Cacs, cioè un particolare tipo di titoli di stato che permettono una ristrutturazione tramite un solo voto dei creditori, rendendo le procedure meno complesse. Il timore è che i creditori, consapevoli della possibilità per i debitori di restituire meno di quanto dato in prestito, chiedano interessi più alti, soprattutto agli stati più a rischio, come l’Italia.

La riforma sostiene anche l’anticipazione al 2022 del «backstop» al Fondo unico di risoluzione per le banche. Con backstop si intende la protezione delle banche in dissesto grazie alle risorse provenienti dal Mes.

I contrasti sul Mes hanno avuto come sfondo lo scontro tra europeisti e antieuropeisti. Gli oppositori intravedono nella riforma il pericolo di una forte ingerenza dell’Europa nella politica italiana. Emerge questo dalle parole di Giorgia Meloni:

Il Mes non è uno strumento utile per l’Italia ma un atto di sottomissione al controllo della burocrazia europea”.

Nonostante le avversioni, la riforma ha ottenuto il via libera, ieri in Parlamento, con 156 favorevoli. Entusiasta il ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri:

Grande soddisfazione per il voto di oggi di Camera e Senato. È un’importante conferma della coesione della maggioranza su un chiaro indirizzo europeista e del lavoro positivo svolto dal governo in Europa”.

Il ministro Roberto Gualtieri – Fonte: www.policymakermag.it

 

Il Recovery Plan

Disinnescata la mina del Mes, la maggioranza è invece in fibrillazione sul Recovery plan, il progetto nazionale di gestione del fondo per la ripresa dei paesi europei maggiormente colpiti dal Covid.

Per quanto riguarda i settori di impiego del finanziamento, la domanda guida del progetto proposto da Conte, così come affermato da lui stesso, è stata: “Che paese vorremmo tra dieci anni?”. Il premier guarda al futuro fiducioso di recuperare il ritardo dell’Italia, soprattutto in alcuni settori, rispetto agli altri paesi europei. Le valutazioni dei tecnici del Tesoro lasciano sperare: secondo le previsioni, se il Recovery Plan funzionerà, tra sei anni il Pil italiano sarà più alto di oltre 40 miliardi. Stando al progetto,74,3 miliardi saranno assegnati al green, 48,7 miliardi alla digitalizzazione, 27,7 miliardi alle infrastrutture, 19,2 miliardi ad istruzione e ricerca, 17 miliardi a parità di genere, coesione sociale e territoriale, 9 miliardi alla salute.

Come verrà gestito il Recovery Fund – Fonte: www.genteditalia.org

 

Il Recovery Fund in Sicilia

“Un’occasione unica per riequilibrare il divario tra nord e sud”,

vengono visti in tal modo, dall’assessore all’economia Gaetano Armao, i 20 miliardi che toccano alla Sicilia. Secondo le previsioni della bozza di Conte, il prodotto interno lordo della nostra isola aggiungerà un 4,67% alle stime per il 2021.

Gaetano Armao – Fonte: www.siciliaunonews.com

La bozza del premier delude, tuttavia, la giunta regionale siciliana: non è menzionato né il Ponte sullo Stretto richiesto dal centrodestra, né l’aeroporto intercontinentale che il governo Musumeci vorrebbe realizzare a Milazzo.

Si punta invece alla tutela del patrimonio culturale, alla riduzione del divario sociale, al potenziamento delle due zone economiche speciali, quella occidentale che include parte di Palermo e Trapani, quella orientale che ingloba Enna, Messina e Siracusa. Importante l’intervento sulle ferrovie: l’investimento di 6,8 miliardi permetterà ai treni del triangolo Palermo, Messina, Catania di raggiungere una velocità di 160 chilometri orari.

La frattura della compagine governativa

La questione che ha lacerato il governo è quella della cabina di regia, cioè degli organi a cui è affidata la gestione dei 209 miliardi che spettano all’Italia. La proposta del premier prevede la presenza di un comitato esecutivo composto, accanto a Conte, da Gualtieri e da Patuanelli e una task force di sei manager nominati da lui stesso. Il piano punta anche sulla collaborazione di un “comitato di responsabilità sociale, composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca” che possa dare pareri e suggerimenti.

Il no alla bozza del progetto del premier è arrivato soprattutto da Italia viva, il cui leader, Matteo Renzi minaccia: “Io mi sgancio” evocando la crisi del governo. Agli occhi di Renzi, la proposta di Conte priverebbe ministri e regioni di potere decisionale in un progetto che influenzerà il futuro dell’Italia.

Questa struttura esautora non solo i ministeri, ma anche le Regioni e in sostanza l’intera Pa, mentre il Recovery deve rappresentare una straordinaria occasione di rinnovamento e innovazione della pubblica amministrazione”.

Decisa la renziana Teresa Bellanova che, tra l’altro, Italia Viva avrebbe voluto includere nel triumvirato incaricato di gestire il Recovery incontrando, tuttavia, l’opposizione del partito democratico che non intende cedere alle pretese di Renzi. Dure le parole del ministro Peppe Provenzano:

Già abbiamo Orban che frena. Dividerci anche tra noi per ragioni di visibilità sarebbe molto grave”.

Conte risponde agli attacchi assicurando che la struttura del Recovery plan non priverà i ministri del potere:

la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri”.

Oggi Conte al Consiglio europeo

La questione del Recovery Fund è ancora tutta da risolvere. Gli scontri in Italia preoccupano l’Unione Europea: il nostro paese è quello a cui spettano più fondi e, di conseguenza, è necessario un progetto forte ed efficace. Il tempo a Bruxelles stringe: la commissione europea spinge affinché il piano venga approvato e mandato all’Ue, così da metterlo in atto nel minor tempo possibile.

Conte a Bruxelles – Fonte: it.notizie.yahoo.com

Oggi, dunque, si prospetta per Conte un’aria tesa a Bruxelles. Accanto al Mes e al Recovery Fund, sul quale, così come affermato ieri in Parlamento dal premier, si intravede uno spiraglio nel negoziato con Polonia e Ungheria, terranno impegnato il vertice dei leader del Consiglio europeo anche altre importanti questioni: la Brexit, il green deal e i rapporti con la Turchia.

Chiara Vita