Disastro ecologico in Russia: moria di pesci nel Kamchatka e gravi danni ai visitatori

Redazione Attualità
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Nel corso degli ultimi anni le questioni concernenti la tutela ambientale sono diventate sempre più centrali all’interno del dibattito pubblico. Le prese di posizione di numerosi stati a favore dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, i massicci investimenti nello sviluppo di tecnologie sostenibili e l’emergere di figure che hanno fatto della sensibilizzazione sul tema la loro missione (vedi Greta Thunberg) hanno reso il tema della salvaguardia del nostro pianeta e il contrasto all’inquinamento ambientale non un mero argomento di dibattito politico bensì una necessità comune. Quello della tutela ambientale è divenuto di conseguenza metro di giudizio con cui si percepisce lo sviluppo e la civiltà di una nazione.

Di recente alcune vicende ambientali riguardanti la Russia sono state sotto la lente dell’opinione pubblica internazionale. Nella nazione guidata da Vladimir Putin solo nel 2020 vi è stata una delle più grandi fuoriuscite di gasolio nella storia dell’Artico russo. A ciò si aggiunge inoltre il preoccupante aumento delle temperature dell’Artico con alcuni picchi da record e i numerosi incendi verificatisi in Siberia, fenomeni direttamente collegati ai cambiamenti climatici e causati soprattutto dallo sfruttamento dei combustibili fossili.

 

Gli effetti dell’inquinamento sulle acque, fonte: Wired

Ora, ancora una volta, i riflettori sono puntati sul gigante euroasiatico. Nella Kamchatka, una penisola grande quasi quanto l’Italia ma abitata da appena 300 mila persone e situata nell’estremo est della Russia, un disastro ambientale sta mettendo a rischio la vita marina della regione. Negli scorsi giorni migliaia di pesci e altri animali marini sono stati trovati morti per una forma di inquinamento, ancora di origine ignota, che sta interessando la spiaggia di Khalaktyrsky e altre baie vicine e che si sta muovendo verso i vulcani di Kamchatka, un sito Unesco patrimonio dell’umanità. Gli effetti dell’inquinamento non sono stati registrati solamente sulla flora e fauna locale ma anche sui visitatori del posto. Già da tre settimane i surfisti che si recavano preso le spiagge di Khalatyr e la Baia Avacha denunciavano la comparsa di strani sintomi anche senza il contatto con l’acqua. Bruciore agli occhi, mal di gola e vomito provocati dall’avvelenamento causato dall’insolito odore del mare sono solo quelli più lievi, alcuni surfisti hanno infatti subito lesioni alla cornea. L’amministrazione regionale ha confermato che già a fine settembre c’erano state segnalazioni che dicevano che alcune spiagge della Kamchatka presentavano colorazioni anomale oltre che la presenza di una spessa schiuma lattiginosa sulla superficie che causava anche un forte odore sgradevole.

Due attivisti di Greenpeace mentre raccolgono campioni, fonte: Quotidiano.net

La denuncia del disastro ecologico è avvenuta da parte di Greenpeace Russia che ha rinvenuto in acqua livelli di prodotti petroliferi quattro volte superiori la norma e la morte del 95% degli organismi marini. Nonostante la richiesta di un’inchiesta le autorità sostengono che non risultano essersi verificati incidenti industriali o altri eventi anomali nell’area interessata ed addirittura il ministro dell’Ecologia russo Dmitrij Kobylkine parla di possibili “cause naturali” che hanno provocato cambiamenti nel contenuto e nei livelli di ossigeno nell’acqua. Gli esperti dal canto loro ipotizzano invece che la causa del disastro possa essere individuata nella fuoriuscita di eptile, un carburante per missili estremamente tossico, avvenuta da una delle tante installazioni militari presenti nella regione. È a causa di queste strutture che la Kamchatka, già per le sue conformazioni naturali di difficile accesso, è stata chiusa al pubblico fino alla caduta dell’URSS prima di diventare una meta amata dai turisti per la sua flora e fauna selvatica suggestiva.

Filippo Giletto