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Il PEPP e i primi passi per salvare l’economia. Ecco come l’Ue reagisce al Covid-19

Redazione Attualità
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In questi mesi di lockdown tra le pagine di giornale, le notizie d’ultima ora in TV, le ricerche Google, le news riguardo gli strumenti adottati dall’UE per fronteggiare il Covid-19 ci hanno inondato di informazioni. La timeline di interventi è ricca di euro, clausole e principi. Su Twitter, il profilo della presidente della BCE Christine Lagarde cinguettava “Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie”.

Ripercorrendo l’iter dall’inizio dell’emergenza, uno dei primi strumenti adottati è stato il PEPP- Pandemic Emergency Purchase Programme –, programma straordinario di acquisto di titoli pubblici e privati, stanziato il 24 marzo dalla BCE, per un valore di 750 miliardi di euro poi quasi raddoppiato per arrivare ad oltre 1350 miliardi di euro.

Dobbiamo definirlo straordinario perché, in realtà, costituisce un’aggiunta all’APP – Asset Purchase Programme – il famoso Quantitative Easing della BCE che ha stanziato dal 2016 un range tra 15 mld e 80 mld al mese. Questo prevede, oltre agli acquisti di titoli pubblici, acquisti di diverse tipologie di titoli, tra cui obbligazioni bancarie garantite, obbligazioni private, titoli emessi con cartolarizzazione, etc.

Insomma: la BCE ha iniziato ad acquistare titoli in tutti i Paesi europei.

Com’è costituito il PEPP?

Da ciò che dispone la BCE, il PEPP ha le stesse regole previste per l’APP. Difatti, è costituito dal 10% di titoli emessi da organizzazioni internazionali e banche specifiche dell’Eurozona, il 90% di titoli di Stato o obbligazioni.

Concentrandoci sui titoli di stato per comprendere cosa siano, ogni mese il Ministero delle Finanze emette titoli ad una cifra, che restituirà successivamente ed in cambio offre un coupon – una cedola – di solito semestrale, che è il tasso d’interesse. Ogni anno, chi acquista il titolo, riceve una cedola della cifra sottoscritta.

Il PEPP è un “bene di tutti”?

C’è da fare chiarezza: questo bazooka carico di miliardi di euro prevede che il 90% dei titoli sia ripartito nell’Area Euro in base alla regola della capital key, cioè la quota di capitale della BCE detenuta da ogni banca centrale nazionale (di solito in relazione al PIL nazionale). Perciò è un bene di tutti in relazione al peso di ciascun Paese nel grande salvadanaio d’Europa.

Quale effetto avrà?

Il principale effetto di questo intervento della BCE riguarda lo spread. 

Lo spread – ovvero la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e tedeschi con scadenza a dieci anni- ci indica come varia l’interesse che dobbiamo pagare sul nostro debito. In Europa lo misuriamo con i titoli tedeschi, considerati i più stabili. 

In un momento di crisi come questo, dove le attività produttive sono rimaste congelate per mesi, il governo è dovuto intervenire indebitandosi molto per evitare che le conseguenze della crisi fossero più gravi. Il sostegno della BCE con il PEPP ha permesso che l’interesse si mantenesse ad un livello basso. L’interesse diminuisce poiché, quando la BCE interviene sul mercato dei titoli di stato per acquistare dei bond, la domanda di questi titoli aumenta, ma se c’è una maggior richiesta di un qualsiasi bene nel mercato allora il prezzo aumenta ed il tasso d’interesse diminuisce. 

La nuova dotazione di 1350 mld di euro per questo programma di emergenza garantisce un’estrema liquidità al mercato dei titoli di Stato, impedendo l’innescarsi del circolo vizioso che ha reso ancora più drammatica la grande recessione per alcuni Paesi dell’Eurozona (tra cui l’Italia).

Per capire con dei dati l’intensità e l’importanza di questo intervento, grazie al PEPP, infatti, il totale di debito pubblico italiano detenuto da istituzioni europee, a fine 2020, dovrebbe ammontare al 37,8% del PIL (Osservatorio CPI), la sola BCE dovrebbe detenerne circa il 30%. Numeri importantissimi, ma non è tutto oro ciò che luccica ed è doveroso domandarsi se non siamo troppo dipendenti dalla BCE. 

Cosa succederebbe se la BCE dovesse intervenire per ritirare liquidità dal sistema a causa di una fiammata inflazionistica (ipotesi veramente improbabile nel breve periodo)? Quando andranno a scadenza questi titoli e la BCE nel 2021 terminerà il suo programma, quanto ci costerà rifinanziare questa quota di debito senza l’aiuto della BCE?

Possiamo comprendere l’urgenza di effettuare delle politiche economiche che rendano maggiormente sostenibile il debito pubblico in futuro, futuro nel quale non potremo pretendere di essere ancora fortemente dipendenti dall’intervento delle istituzioni europee. 

Contenuto in collaborazione con Starting Finance:

Marco Amato
Rossana Arcano