Libertà fondamentali e Coronavirus: ecco perchè il mondo non può non protestare

Redazione Attualità
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L’emergenza Covid-19 ha riscritto molte regole sociali e della vita quotidiana.

Siamo stati costretti a rinunciare a molte attività e la quarantena ha modificato i ritmi del mondo.

Restano però molti ambiti che non hanno ancora una chiara ri-scrittura.

Questi non possono che essere quelli in cui sono coinvolte un gran numero di persone, dove il rischio di un incremento del contagio è altissimo.

Gli “assembramenti” veri e propri, consentiti e sicuri, sono ancora molto lontani dalle nostre possibilità.

Le libertà di riunione e manifestazione sono ancora da limitare, se vogliamo evitare il disastro.

Ma cosa accade quando l’esercizio di queste libertà si fa impellente e necessario?

Riunirsi e manifestare è una diretta conseguenza di ciò che accade nella società.

È una risposta agli eventi che, in determinati casi, può costituire l’unica modalità di esercizio del potere.

In questi giorni sono diversi gli eventi che hanno riportato a galla questa necessità.

In diverse occasioni la gente si è riversata in strada, sia rispettando sia violando le disposizioni di sicurezza.

Sembrano surreali le immagini di folle numerose per le strade dopo tutti questi mesi di quarantena.

Il pericolo di quelle azioni è palpabile attraverso uno schermo e temiamo che l’incubo abbia di nuovo inizio.

 Ma dove si è riversata in strada la gente?

Ad Hong Kong già dall’inizio di maggio

Hong Kong aveva una situazione difficile già da prima della pandemia.

Molte manifestazioni sono avvenute nei mesi precedenti, per difendere quello che chiamano “Una Cina, due sistemi”.

Il loro obiettivo è difendere la propria autonomia e contestare la sempre più preponderante influenza del governo cinese.

Dopo la pandemia una delle prime manifestazioni, pacifica ma non autorizzata, è avvenuta in un centro commerciale, dove si è creato un assembramento.

In questi giorni invece le proteste stanno tornando nelle strade cittadine, dove la repressione della polizia si è fatta più intensa.

Negli Stati Uniti, per la morte di George Floyd

È avvenuto martedì l’omicidio di George Floyd da parte della polizia del Minnesota.

Un poliziotto bianco ha soffocato col suo ginocchio l’afroamericano Floyd, sommando l’accaduto alla numerosa collezione di episodi di razzismo da parte di agenti di polizia bianchi.

In questi giorni sono molte le manifestazioni del movimento Black Lives Matter.

Ci sono episodi di marce pacifiche ma sono numerosi gli scontri e gli atti di vandalismo, che in queste ore si stanno scontrando con le forze di polizia.

I Gilet Arancioni, in Italia

In queste ore l’indignazione per aver ignorato le misure di sicurezza sta sommergendo il web.

In diverse città italiane, ma soprattutto a Milano, sono avvenute delle manifestazioni dai toni un po’ estremisti.

Il movimento infatti chiedeva un ritorno alla lira italica e un governo votato al popolo.

Questi, i tre maggiori episodi di riunione e manifestazione.

 

Cosa possiamo dedurre?

Ognuna di queste manifestazioni ha un suo perchè impellente. Talmente forte da superare la paura per un nuovo contagio, sia che si tratti di eventi autorizzati o meno. 

L’emergenza Covid ha reso necessaria la limitazione delle libertà fondamentali.

E chiedersi fino a che punto questo sia possibile è legittimo.

Il diritto ci risponde sostenendo che è necessario attuare un bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti.

Per citare il nostro riferimento costituzionale potremmo ricordare l’articolo 16 della Costituzione, il quale afferma che la legge può stabilire limitazioni per motivi di sanità o sicurezza.

È tuttavia necessario riflettere sui motivi che hanno portato alle tre grandi mobilitazioni di cui abbiamo parlato.

Scendere in piazza a volte può essere l’unico strumento di esercizio del potere popolare contro un’entità più grande, come nel caso di Hong Kong, in cui è minacciata la libertà stessa di una nazione.

Oppure, come nel caso americano, l’unico modo affrontare collettivamente una piaga sociale (quella delle discriminazioni razziali in questo caso).

E infine, anche se per motivi concretamente estremisti, la discesa in piazza può figurativamente essere espressione di mesi di legittima “repressione” per evitare il contagio, e quindi un monito a non dimenticare che la normalità è esercitare liberamente i propri diritti.

In questa sede non si intende affatto giustificare le ragioni delle manifestazioni soprattutto la violazione delle misure di sicurezza.

 Tuttavia è necessario renderci conto che, senza la giusta accortezza, quella a rimanere più indebolita da questo virus potrebbe essere proprio la democrazia.

 

Angela Cucinotta