Medici in mobilitazione a Messina. L’intervista alla Dott.ssa Francesca Maria Toma

Redazione Attualità
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Nella giornata di ieri sono scesi in protesta nelle piazze delle principali città italiane centinaia di studenti e studentesse di medicina, ma anche medici in formazione, medici neo-abilitati e medici in formazione specialistica. Membri di categorie accomunate da un senso di incertezza che si potrebbe azzerare con maggiori investimenti e una riforma del sistema delle specializzazioni tale da eliminare il cosiddetto “imbuto formativo”.La manifestazione ha seguito a due giorni di distanza quella svoltasi in piazza Montecitorio (qui il link al nostro articolo).

Ed anche Messina si è schierata – è il caso di dirlo – in prima linea : nella mattinata di ieri decine di futuri medici sono scesi in Piazza Cairoli e, rispettando le distanze, hanno preso parte alla causa nazionale, indossando camici, mascherine, cartelloni con slogan e imbuti. Tutti simboli, questi ultimi, che definiscono le varie parti della protesta a livello nazionale. I camici, infatti, sono stati lasciati cadere in segno di dissenso, le mascherine riportanti tutte una X e un 29 rossi, e l’imbuto, infine, simbolo del cosiddetto imbuto informativo che affligge la categoria degli aspiranti medici – anche detti “camici grigi” – ovvero tutti quei laureati e abilitati che risultino “non vincitori” o non assegnatari di una borsa di specializzazione o non iscritti a una scuola di formazione in medicina generale.

La manifestazione è stata resa possibile grazie anche all’aggregazione delle varie associazioni studentesche del dipartimento di medicina di Messina, tra le quali: l’Associazione Salviamo Ippocrate; Chi si cura di te? ; ER – Ex Rappresentanti in prima linea; Farmacia Politica; Link Area Medica Materia Grigia; Segretariato Italiano Giovani Medici.

Abbiamo intervistato la Dott.ssa Francesca Maria Toma, membro del Segretariato Italiano Giovani Medici di Messina, laureatasi a marzo presso l’Università degli Studi di Messina e al momento impegnata nel corso di abilitazione offerto dalla stessa università.

Il problema di cui voi vi fate portavoce non è nuovo e riguarda ogni anno migliaia di giovani medici. Cosa chiedete alle istituzioni?

Abbiamo stilato un programma articolato di proposte. Sicuramente il primo punto è l’abolizione dell’imbuto formativo, ma anche una riforma strutturale che interessi tutta la formazione medica, dalla specializzazione al corso di medicina generale. Anche con l’aumento delle borse di specializzazione il problema non si risolverebbe a fronte di un’assenza di centri dove è possibile concretamente specializzarsi. Bisogna puntare a una formazione di qualità anche per coloro i quali fanno il corso di medicina generale e che poi diventeranno i medici di famiglia. Se ci accontentassimo di una formazione non all’altezza i problemi verrebbero unicamente rimandati. Chiediamo inoltre maggiori tutele per gli specializzandi che comunque essendo delle figure a metà tra il lavoratore e lo studente fanno dei turni massacranti. 

Quando si parla di problemi del Sistema Sanitario Nazionale la prima cosa che si dice è che “mancano i medici”. La soluzione proposta da molti però è quella della rimozione del numero chiuso e in pochi parlano delle borse di specializzazione.

Togliere il numero chiuso a medicina non farebbe altro che peggiorare il problema dell’imbuto formativo. A fronte di un aumento esponenziale degli iscritti continuerebbero a esserci un numero non sufficiente di borse di specializzazione. Il numero dei “camici grigi”, i medici neo laureati che sono rimasti esclusi dalle scuole di specializzazione, non farebbe che aumentare alimentando ulteriormente il vero problema: non l’assenza di medici bensì quella dei medici specializzati.  Per questo c’è bisogno di una riforma strutturale della formazione medica, dalla specializzazione al corso di medicina generale.

Al momento qual è l’iter per diventare uno specializzando e perché è così problematico?

La causa di tutto è riconducibile ai 37 miliardi di tagli che sono stati fatti alla Sanità negli ultimi dieci anni. Il famoso imbuto formativo si viene a creare perché i posti messi a disposizione sono meno dei partecipanti. Quest’anno per esempio il test sarà il 22 settembre e sono state stanziate 14.200 borse ma i partecipanti saranno circa 24 mila. Ciò significa che ben 10 mila studenti rimarranno fuori e non potranno continuare il loro percorso di formazione.

E per chi non supera l’esame per accedere alla specializzazione quali prospettive si offrono?

Chi non passa l’esame di specializzazione solitamente sceglie il percorso di Medicina Generale – intraprendendo, quindi, un percorso a parte – oppure sostituisce i medici titolari di studi, oppure opta per le guardie mediche, la continuità assistenziale o va all’estero. In Europa e nel resto del mondo i medici italiani fanno molta gola anche perché abbiamo un’ottima preparazione e in altri paesi, come la Francia o la Germania, il problema dell’imbuto formativo non esiste. Quello della fuga dei medici neo laureati italiani è un problema concreto e ne è una riprova il dato che il 52% dei medici europei sono italiani.

Il Dott. Giuseppe Nirta, anche lui coinvolto nella manifestazione di ieri, ha parlato di 56 mila medici tra specialisti e medici di base che mancheranno entro 10 anni. Si tratta di un numero non trascurabile.

Esatto. Questo dato è stato visto dall’Osservatorio dell’Università Cattolica che ha stabilito che entro il 2030 mancheranno queste figure. Se non si formano figure professionali che possano ricoprire questi ruoli il Sistema Sanitario Nazionale non può che collassare.

Lo stress apportato al Sistema Sanitario Nazionale dall’emergenza Covid-19 ha ridato centralità ai problemi patologici che questo si porta da troppo tempo. Com’è stato vivere questo periodo per un “camicie grigio”?

I giovani medici che sono abilitati son finiti a fare sostanzialmente i tappa buchi. Molti di coloro che si sono abilitati, e che possono dunque esercitare la professione, sono partiti al Nord per dare una mano. Il problema è che spesso si sono trovati impreparati perché la gestione di un paziente affetto da Covid non è così facile. C’è bisogno di specialisti di pneumologia, in anestesia e rianimazione. L’emergenza non ha fatto altre che fare emergere maggiormente la necessità di specialisti.

Filippo Giletto