Bambini, Kawasaki e Sars-CoV-2: quanto c’è di vero?

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Nella nostra rubrica abbiamo già visto come nei bambini la Covid-19 abbia un decorso indolente (letalità molto bassa: circa 0,06% nella fascia di età 0-15 anni) ed abbiamo visto come il vero problema è che i bambini, per lo più paucisintomatici o asintomatici, diventino più che il bersaglio, un vero e proprio mezzo di diffusione.

Dal 4 maggio in Italia via alla fase 2, che fine faranno i bambini?
Fonte: bariviva.it

Ma è giusto limitarsi a questo?

In realtà no, le insidie ci sono anche per i più piccoli.

Oramai da mesi si parla di una possibile correlazione tra la malattia di Kawasaki e l’infezione da SARS-CoV-2. In particolare molti dei bambini ricoverati in ospedale per sintomi assimilabili alla prima, risultavano poi positivi al tampone.

La malattia di Kawasaki è una vasculite sistemica (malattia infiammatoria dei vasi) solitamente autolimitante e la cui prognosi dipende essenzialmente dal coinvolgimento delle arterie coronarie (vasi che irrorano il cuore). L’Italia presenta un’incidenza annua di circa 14 casi su 100.000 in bambini di età inferiore a 5 anni.

Malattia di Kawasaki e COVID-19: esiste una correlazione ...
Fonte: missionescienza.it

Nonostante diverse evidenze suggeriscano un’origine infettiva o una risposta immunologica anomala a un’infezione in bimbi geneticamente predisposti, nulla è ancora certo sulla causa specifica. La patogenesi però è sicuramente immunomediata e questo potrebbe giustificare la correlazione “temporale” con l’infezione da Coronavirus, che ne avrebbe favorito un aumento di incidenza. Non sarebbe infatti il virus a causare il danno in maniera diretta, quanto la forte infiammazione che suscita nel momento in cui innesca la risposta immunitaria dell’ospite. A sostegno di questa testi, il fatto che la patologia si sia manifestata solo in un secondo momento rispetto alla diffusione del SARS-CoV-2, configurandosi come un “quadro post-infettivo”.

Ma siamo sicuri si tratti proprio di Kawasaki?

Uno studio tutto italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, spiega come sia meglio parlare di una patologia simil-Kawasaki. Se da un lato infatti, la terapia con immunoglobuline endovena, applicata secondo le linee guida del trattamento della malattia di Kawasaki, è efficace, è pure vero che in alcuni bambini si presenta in una forma più grave con coinvolgimento miocardico e/o gastroenterologico, assenti nella forma classica. Sicuramente i sintomi sono davvero simili e non vanno sottovalutatati in quanto un pronto riconoscimento e intervento ne limitano i danni.

Alcune delle caratteristiche peculiari della malattia di Kawasaki.

Bergamo, sede dello studio, è infatti una delle città che ha visto un aumento di circa 30 volte dell’incidenza della Kawasaki, ma nonostante le molte analogie, erano pochi i quadri completamente sovrapponibili.

Incidenza della malattia di Kawasaki nel periodo di studio e negli ultimi 5 anni – Fonte: https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)31103-X/fulltext

A conferma di questi dati nostrani, arriva il numero sicuramente più elevato di bambini affetti negli USA, uno dei Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia, che annovera anche 3 decessi. Qui il quadro pediatrico è descritto drammaticamente in un articolo pubblicato sul New York Times: la Grande Mela da sola conta 161 piccoli pazienti affetti.

In un calderone di “multifattorialità” non si sa bene se possa essere incluso anche un fattore etnico, ma oltreoceano (alcuni casi anche nel Regno Unito) ci sarebbe una maggiore presentazione di sintomi che non hanno a che vedere con le caratteristiche della suddetta tabella, tipiche della Kawasaki. Alcuni bambini manifesterebbero dolori addominali, vomito, oltre ai già citati disturbi a carico del miocardio, accompagnati da un calo di piastrine e di linfociti. Tutto ciò ha reso necessario l’istituzione di una serie di teleconferenze (ancora in corso) organizzate dal Boston Children’s Hospital che vedono coinvolta tutta la pediatria mondiale.

Tutto questo ha un nome: Sindrome infiammatoria acuta multisistemica

Il 15 Maggio l’ECDC ha pubblicato un Rapid Risk Assessement sulla Sindrome infiammatoria acuta multisistemica, che si è resa protagonista nell’ultimo periodo. Si tratterebbe di un’evoluzione più grave (spesso complicanza della Kawasaki stessa) che richiederebbe spesso gli ausili della terapia intensiva a seguito di un interessamento di più organi contemporaneamente. Numerose sono infatti le evidenze europee di casi dubbi nei quali la sintomatologia è comparsa a circa 2-4 settimane dal picco massimo di infezione da SARS-CoV-2, suggerendo anche qui un danno mediato dalla risposta immunitaria aberrante, più che dal virus in sè.

Fonte: logo ECDC

Tuttavia, l’ECDC rileva inoltre che le evidenze per una relazione causale fra COVID-19 e la Sindrome infiammatoria acuta multisistemica sono ancora limitate. Aggiunge anche che il rischio di manifestazione della stessa nei bambini sia molto basso e che il trattamento è possibile ed efficace. Ne sono un illustre esempio i 10 bambini dello studio di Bergamo tutti guariti, nonostante le complicanze multiorgano.

L’invito che l’Istituto Superiore di Sanità fa è diretto ai professionisti e non: fare attenzione nel cogliere i segni precoci, nonostante sia una condizione rara. La immunoglobuline endovena, i corticosteroidi ed un’eventuale terapia di supporto sono ottime armi nel contrastare la patologia, basta riconoscerla in tempo!

Capiremo prima o poi cosa si nasconde dietro questa associazione, ma in questo caso la rapidità d’azione viene prima dei mille perché.

Claudia Di Mento