Covid 19: la trasmissione oro-fecale è possibile?

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Da quando la minaccia Covid19 ha iniziato a prendere forma, destando un notevole allarme mondiale per la sua rapida diuffusibilitá e altissima contagiosità, un particolare su tutti venne immediatamente identificato: il coronavirus responsabile si trasmette per via aerea mostrando perciò un’elevatissima somiglianza con l’allora ben più nota SARS. Il virus si trasmette tramite le goccioline di flügge ed è responsabile di una serie di manifestazioni che hanno come comune denominatore l’assoluta aspecificità: tosse e febbre (tipici di un’infezione acuta delle vie aeree inferiori) che possono complicarsi in alcuni casi con lo sviluppo di dispnea, ipossiemia e ARDS.

Ma siamo sicuri che quella respiratoria sia l’unica via di trasmissione?

Infezione oro-fecale da Covid19, cosa sappiamo oggi

Gli ultimi dati provenienti da un recentissimo studio pubblicato sulla rivista ufficiale della società Americana di gastroenterologia “Gastrojournal” mettono in evidenza, tramite una serie di attente osservazioni cliniche, la presenza di tracce di RNA virale in campioni fecali. Ciò confermerebbe l’infezione gastrointestinale avvalorando maggiormente la tesi di una trasmissione oro-fecale. Dal 1 al 14 Febbraio 2020, 73 campioni unici ottenuti da pazienti infetti provenienti da un unico nosocomio, in accordo con le Linee guida del controllo e della prevenzione della Cina, sono stati isolati e sottoposti al test di amplificazione molecolare (PCR). I risultati confermano che su 73 campioni fecali analizzati 39 (53,42%), di cui 25 uomini e 14 donne, contenevano tracce di RNA virale con una positività dagli 1 ai 12 giorni. Il dato che però più sorprende è la positività del test fecale anche dopo la completa negativizzazione del tampone naso faringeo su 17 pazienti dei 39 positivi, che tradotto clinicamente indicherebbe una potenziale infezione oro-fecale, principalmente con acque contaminate da feci infette, anche con la completa negativizzazione dell’espettorato.

Prelievi bioptici multipli, colorati con Ematossilina Eosina testimoniano l’ingresso del virus nei vari distretti del tubo digerente.    Fonte: Gastrojournal.org

 

Come penetra il virus?

E’ stato ormai appurato che, alla base del processo infettivo, ci sia lo spiccato tropismo del Sars-CoV-2 per i recettori ACE2 che il virus sfrutta ampiamente per colonizzare le cellule che lo esprimono. I prelievi bioptici eseguiti a livello della mucosa esofagea, gastrica, del piccolo e grande intestino su più pazienti positivi al test fecale non hanno dimostrato danni macroscopici alla colorazione con ematossilina eosina, la quale ha piuttosto messo in risalto un’elevata presenza di recettori virali e di conseguenza di proteine appartenenti al nucleocapside virale a livello del citoplasma delle cellule gastriche, duodenali e rettali particolarmente predilette dal virus e sfruttate per la produzione di nuovi virioni. In merito a ciò un altro studio cinese ci mette di fronte a due importantissime chiavi di lettura:

– per infettare tali distretti il virus dovrebbe riuscire a resistere all’acidità gastrica. Lo stomaco in condizioni normali vanta un PH altamente acido (1-3) dato dalla elevata produzione di HCL da parte delle cellule parietali costituenti le ghiandole gastriche e che renderebbe impossibile il transito gastrointestinale del poco gradito ospite. È stato notato però che bastano moderate variazioni di PH (5-9) per far sopravvivere il virus;

– l‘età media dei positivi al test fecale è di 49 anni, ciò suggerirebbe che un eventuale rischio di infezione oro-fecale è prevalentemente, ma non esclusivamente, correlato con l’età. L’aumento del PH gastrico in relazione all’età sarebbe giustificato da una serie di condizioni morbose statisticamente appannaggio dell’adulto. In particolar modo l’infezione da Helicobacter Pylori, nota ai più come responsabile di una gastrite acuta, se non adeguatamente trattato con terapia antibiotica eradicante tende a determinare un quadro di gastrite cronica attiva, che in una piccola percentuale di soggetti tende ad evolvere in una gastrite atrofica e successivamente in metaplasia intestinale. In quest’ultima condizione avviene una completa sostituzione delle ghiandole gastriche con ghiandole intestinali le quali sono responsabili della produzione di mucine in ambiente gastrico, ciò tenderebbe a determinare un’alcalinizzazione del PH gastrico (5-9) data l’assenza totale di cellule secernenti HCL, ambiente che diventerebbe, secondo quanto detto precedentemente, ideale per la stabilizzazione del virus.

La presenza di queste due chiavi di lettura ci porta a dire che nei soggetti con tali condizioni cliniche il virus sopravvive all’acidità gastrica, diffondendosi ampiamente anche a livello intestinale e rettale. La mucosa esofagea sembra essere solo in parte coinvolta mentre, sono ancora in fase di studio possibili coinvolgimenti pancreatici ed epatici, lievi innalzamenti di amilasi e transaminasi sembrerebbero più da attribuire agli effetti sistemici del virus sull’organismo.

Sintomi gastrointestinali da Covid19

Sulla base di quanto detto quali sintomi dovrebbero allarmarci? Anche le manifestazioni gastrointestinali sono altamente aspecifiche. Uno studio retrospettivo condotto su 1141 pazienti affetti da Covid19, ricoverati allo “Zhongan hospital of  Wuhan university” , ha evidenziato che 183 di questi presentavano solo sintomi gastrointestinali estremamente comuni a quelli di una normale infezione gastrointestinale. La maggior parte dei pazienti al ricovero lamentava perdita di appetito, nausea e vomito seguiti solo successivamente da dolore addominale e diarrea con la quale ovviamente i malati eliminano il virus.

In un momento in cui il distanziamento sociale è all’ordine del giorno non sappiamo ancora quanto questi dati possano influire sull’inizio imminente della stagione balneare, ma rimane indiscusso come una nuova possibilità di contagio non farà dormire sogni tranquilli coloro i quali, ormai da tempo, sono in prima linea nella lotta contro il nuovo nemico. Ancora una volta il Sars-CoV-2 sa sorprenderci.

Saro Pistorio

Bibliografia

  • Gastrojournal: https://doi.org/10.1053/j.gastro.2020.02.055