Binge Watching: perché la maratona non ti fa bene

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Non appena abbiamo un momento libero o bisogno di evadere dalla realtà, cerchiamo rifugio nel nostro amato Black Mirror: e no, non è solo un riferimento alla nota serie tv, ma allo schermo nero dei nostri dispositivi.

Le nostre case ormai ne sono piene, ed è come se non avessimo più altro modo di passare il tempo. Però questa moda potrebbe diventare una necessità e addirittura una possibile patologia.

Consideriamo la questione dello streaming e delle serie tv come un fenomeno che sta dilagando e che potrebbe renderci tutti Binge Watchers: come dei maratoneti… ma che corrono tra una puntata e l’altra.

Fonte : macine24 – netflix invents

Premettendo che in molti si sono spesi sull’argomento, cerchiamo di capire cosa succede quando guardiamo la tv e soprattutto come evolve questa potenza mediatica, tanto da renderci così addicted al prodotto.

Rapporto produttore – consumatore

Dalla loro parte, le piattaforme di streaming ci propongono:

Prossimo episodio *barra che si carica in 3,2,1*… la comodità, la mancata interruzione di pubblicità e l’alta definizione.

D’altro lato, i contenuti proposti hanno un qualcosa che ci incanta :

  • l’effetto cliffhanger: la puntata che finisce sul più bello e, soprattutto, quest’ultima è come se fosse la parte di un film che dura 10 ore (e che non si può non completare);
  • il feuilleton: un vero e proprio romanzo a puntate che funzionando come una macchina gratificatoria, provoca tensione e poi la scioglie, per poi riprovocarla e così via.

Così facendo riescono ad attivare i meccanismi della gratificazione e in particolare la via mesolimbica.

Fonte: la menteemeravigliosa – sistema limbico

Questa interessa il nucleo accumbens che, collocato nei meandri del nostro cervello, regola il meccanismo della ricompensa, rilasciando dopamina: il famoso neurotrasmettitore del piacere.

Questi circuiti, che sono implicati nei meccanismi delle dipendenze, potrebbero giustificare (in casi di iper-attivazione) il perché qualcuno potrebbe definire il Binge Watching una patologia, quasi come il gioco d’azzardo.

Sicuramente c’è una condizione scientifica alla base.

Fasi in crescendo: dall’ intrattenimento alla patologia

Sulla  rivista Scientific American Mind, già nel 2004 viene descritto quando e come comincia ad esserci un’ evoluzione in qualcosa di più grave: “quando al piacere di guardare un telefilm si sostituisce l’urgenza di doverlo fare e la difficoltà nell’interrompere l’attività“.

Fonte: adirai – bingewatching

Ma c’è chi ha approfondito la situazione e molto recentemente tre scienziati dell’ Università di Austin: Sung, Kang e Lee hanno detto la loro.

Alla 65ma Conferenza annuale dell’associazione internazionale delle comunicazioni è stato dimostrato un possibile link tra Binge Watching e depressione.

Fonte: humanmachinecommunication – logo

Il loro studio è stato condotto su un campione di persone tra i 18 e i 29 anni, somministrando un semplice questionario:

  • quante volte guardi la tv ?
  • come ti senti dopo?

Il risultato è sconcertante: ci si sente più soli e tristi per la fine di qualcosa, ma addirittura sembra esserci una vera e propria propensione a chiudersi a casa e ad essere depressi.

Non tutti i soggetti reclutati sono stati definiti dei “Binge Watchers highgrade“,  ma è stato definito un vero e proprio atteggiamento, una sorta di propensione a diventarlo.

Quelli che lo studio delinea come “a rischio” sono  dei soggetti che hanno la necessità di utilizzare le maratone televisive per tamponare le emozioni negative o al contrario per riempire momenti in cui non se ne provano.

Fonte: phillymag – crankase

“ Quando la dipendenza dalle serie tv diventa patologica, i soggetti possono iniziare a trascurare il proprio lavoro e le proprie relazioni con gli altri”, commenta il dottor Sung  e sottolinea la possibilità di un interessamento sistemico “le nostre scoperte mostrano che la pratica non dovrebbe essere sottovalutata. Al binge watching sono legati problemi come l’affaticamento, l’obesità e disturbi cardiaci, per cui ci sono buone ragioni per tenere alto il livello di guardia.”

Carenza = Sofferenza

Quindi divorare serie tv potrebbe spiegare anche delle vere e proprie sindromi di astinenza: ansia, tensione e una chiara difficoltà a tornare alla realtà.

La “sindrome dell’orfano” ne è un esempio. Descritta da Emily Moyer-Gusé della Ohio State University , indica come ci si sente alla fine di una serie tv: dopo che ci ha confortato e ci è stata vicino ci abbandona e lascia come una sensazione di tradimento, ansia e angoscia.

Fonte: encrypted

E se questo potrebbe farci sorridere, dobbiamo pensare a dei possibili soggetti predisposti. Per cui chi si sente solo o chi addirittura è incline (scientificamente constatato a tutti i tipi di dipendenze), potrebbe vivere una vera e propria condizione di esasperazione.

Da qui deriverà il problema che chi non ha autocontrollo potrebbe crollare sotto questo peso e sfociare nella patologia. Anche stavolta, il troppo stroppia.

Sicuramente tutti stiamo facendo un esame di coscienza: quante ore ho passato davanti alla tv? In quanto tempo ho finito Breaking Bad?

Dato che Netflix stesso ha twittato: Sadisfyng: the feeling of equally sad and satisfying when you finish a show you binge watched”, dobbiamo chiederci: come ci sentiamo dopo aver fatto questa maratona ? Vale la pena guardare un’altra puntata?

Sicuramente si, ma magari sarebbe l’ideale farlo in compagnia e renderlo un momento di condivisione. A questo ha pensato la grande N stilando un contratto di co-watching (imponendo ai due intestatari delle regole ben precise: non addormentarsi, non prendere il cellulare ecc.) e creando Netflix Party, così da istituire un vero e proprio cineforum virtuale e provare a rendere tutti partecipi di un’attività che, come abbiamo visto, spinge alla solitudine.

Barbara Granata

 

Bibliografia:

Yoon Hi Sung, Eun Yeon Kang, Wei-Na Lee – Why Do We Indulge? Exploring Motivations for Binge Watching

https://www.google.it/amp/s/www.illibraio.it/sadisfyng-netflix-1000560/amp/

https://www.google.it/amp/s/www.wired.it/amp/64199/lifestyle/salute/2015/02/02/binge-watching-depressione/