Coronavirus: momentanea tregua del conflitto in Yemen

Redazione Attualità
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E’ entrata in vigore non meno di 24 ore fa la tregua in Yemen annunciata dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita che combatte contro i ribelli Houthi. Il cessate il fuoco, legato ai rischi di diffusione del Covid-19, dovrebbe durare due settimane. Lo Yemen, stando a fonti ufficiali, è uno dei pochi Paesi al mondo risparmiati dalla pandemia. Forse proprio perché è tra i Paesi più isolati (sarebbero “virus free” anche Corea del Nord e Tagikistan, entrambi chiusi al mondo) in quanto afflitto da miseria cronica e, ormai da cinque anni, martoriato da un conflitto armato tra opposte fazioni sostenute rispettivamente dalla coalizione sunnita a guida saudita e, meno apertamente, dall’Iran sciita.

La mossa segue l’appello alla cessazione delle ostilità lanciato dall’inviato delle Nazioni Unite Martin Griffiths attraverso la nota diffusa dall’agenzia di stampa saudita Spa: “La coalizione annuncia un cessate il fuoco totale in Yemen per un periodo di due settimane. La tregua potrebbe essere estesa per creare le condizioni per mettere in atto la proposta dell’inviato speciale dell’ONU per lo Yemen di tenere un incontro tra governo legittimo e gli Houthi”.

Secondo i dati diffusi dai ribelli, sarebbero oltre 257 mila i raid compiuti dai sauditi e dai loro alleati in Yemen negli ultimi cinque anni. L’Oxfam ( Oxford Committee for Famine Relief) da parte sua aggiunge che ogni tre ore e mezza, un civile yemenita è morto a causa della guerra e che ogni ora 90 persone sono diventate sfollate, 50 si sono ammalate di colera e oltre cento hanno dovuto affrontare la fame. Le bombe hanno preso di mira anche scuole ed ospedali ed il blocco navale ed aereo imposto da Riyadh, con l’appoggio degli Stati uniti, ha isolato lo Yemen limitando l’accesso degli aiuti umanitari.

L’estrema povertà in cui versa la popolazione con milioni di persone ridotte alla fame, e la mancanza di adeguati servizi igienico-sanitari, hanno reso il Paese un terreno fertile per le malattie. Di particolare gravità è la carenza di acqua potabile come denunciato più volte dalle organizzazioni umanitarie che ora, insieme alle agenzie dell’ONU, denunciano l’impatto potenzialmente “catastrofico” di una epidemia su una popolazione le cui difese immunitarie sono indebolite e le strutture sanitarie distrutte.

Quella in Yemen viene spesso definita come la peggiore crisi umanitaria al mondo. Il conflitto scoppiato nel marzo del 2015 ha portato il Paese, già poverissimo e con una situazione sanitaria allarmante, sull’orlo del collasso. Si calcola che negli scontri siano morte almeno 100 mila persone, in gran parte civili. Malnutrizione, fame e malattie, dovute anche alla scarsa igiene e alla carenza di acqua potabile, sono la dura quotidianità per milioni di yemeniti, compresi molti bambini.

Contemporaneamente, però, insieme alla preoccupazione sanitaria, gli stessi sauditi hanno rilanciato l’idea di dare spazio ai negoziati guidati dall’ONU. L’offerta di cessate il fuoco è l’ennesimo segnale che l’Arabia Saudita stia cercando un’exit strategy.

Ciò probabilmente durerà veramente poco, perché gli Houthi sentono un vantaggio che non hanno mai avuto in questi anni, e d’altronde hanno fatto circolare una sorta di bozza su come intendono loro la tregua, e non parlano del fronte interno.

Gli Houthi dunque accetterebbero di fermare le armi per quel che concerne le azioni esterne, ossia gli attacchi diretti contro il territorio saudita, portati avanti con tecnologie offensive iraniane, che in passato hanno prodotto danni formidabili, come quando nel settembre 2019 colpirono due impianti petroliferi lungo la costa ovest saudita bloccando per metà a produzione del regno. Il fronte interno è quello che riguarda invece la ripartizione territoriale dello Yemen.

 

Piero Cento