Come sarà il mondo del lavoro dopo il Coronavirus: scenari e previsioni

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L’emergenza Covid-19 ha sconvolto la nostra quotidianità.

La necessità di rimanere a casa, il sovraccarico del sistema sanitario e la saturazione dei temi nei mass media sono alcuni di questi cambiamenti.

È però certo che, a battaglia finita, tutto tornerà alla normalità.

Torneremo a uscire di casa regolarmente, il sistema sanitario si riprenderà e nei telegiornali si faranno di nuovo spazio temi diversi.

Qualcosa però cambierà definitivamente, e i processi li abbiamo già sotto gli occhi.

Impossibilitati a mantenere contatti ravvicinati con altre persone, ci siamo organizzati per non far fermare le attività lavorative.

Preziose alleate in questa impresa sono state le nuove tecnologie: in molti stanno sperimentando l’esperienza dello smart working, o telelavoro in italiano.

Si tratta di una modalità che era già ben radicata all’estero e, molto probabilmente, questa sarà la fase in cui anche l’Italia si convertirà al lavoro digitale.

Ma prima è necessario guardare alla situazione pre-coronavirus.

Il Mercato del lavoro prima dell’emergenza

Il Rapporto annuale sul Mercato del lavoro, pubblicato il 9 marzo 2020 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, descrive l’andamento e le tendenze del mondo lavorativo confrontando i dati del decennio 2008-2018.

In sintesi, questo afferma che:

  • vi è stato un importante aumento del contratto part time, e una diminuzione delle aziende con impiegati full time
  • La gran parte dei licenziamenti è motivata da ragioni economiche, circa nove su dieci” si legge a proposito dei licenziamenti nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato
  • I lavoratori indipendenti in Italia, nel 2018, sono “circa 5 milioni (il 21,7% degli occupati). Nel periodo 2008-2018 l’occupazione indipendente si è ridotta del 9,5% (558 mila unità in meno) a fronte di un aumento del 4,0% di quella dipendente (+682 mila persone).

La bassa percentuale di lavoratori indipendenti nel nostro paese, spiega come non sia (ancora) avvenuta la netta trasformazione del mercato del lavoro che ha già interessato altre nazioni.

Cosa significa questo?

Possiamo interpretare la diminuzione del full time come una necessità da parte delle aziende di impiegare la forza lavoro in modo più variegato. Non è più necessario impiegare un lavoratore per otto ore dietro una scrivania, perché con l’informatizzazione le nuove tecnologie dimezzano i tempi e le procedure che un tempo erano svolte dagli uomini.

È la società del lavoro liquido, potremmo dire parafrasando il sociologo Zygmunt Bauman.

L’Eurofound e l’Organizzazione Mondiale del Lavoro hanno condotto uno studio, nel 2017, sulla diffusione dello smart working tra paesi UE ed extra-europei.

Il nostro paese risulta l’ultimo della lista, vale a dire che solo il 7% degli italiani è in questa modalità di lavoro.

Un risultato molto negativo, se consideriamo quanto l’uso delle nuove tecnologie regoli da capo a fondo la domanda e l’offerta di lavoro.

L’analisi proposta riporta gli effetti positivi del telelavoro per i lavoratori:

  • la riduzione dei tempi di spostamento 
  • un miglior equilibrio tra vita professionale e privata
  • maggiore produttività e autonomia

Al contrario per le aziende si tratta di ridurre drasticamente gli uffici necessari e i relativi costi, oltre che la garanzia di poter far sopravvivere l’attività al di là di limiti spaziali-territoriali.

https://www.eurofound.europa.eu/publications/report/2017/working-anytime-anywhere-the-effects-on-the-world-of-work

Quali saranno gli scenari futuri?

Con l’emergenza Coronavirus siamo stati “obbligati” a sperimentare queste nuove modalità e, con il rallentamento dell’economia previsto, la situazione del mercato del lavoro già incerta tenderà a subire fisiologicamente un forte contraccolpo.

Molte professioni scompariranno, così come accaduto al mito del “posto fisso”.

La liquidità si accentuerà e il lavoro dipendente full time sarà sostituito da una domanda di lavoro incline a figure che facciano un po’ da imprenditori di sé stesse.

Ci troveremo a competere per impieghi part time, a tempo indeterminato e collaborazioni occasionali.

Lo smart working prenderà finalmente piede anche nel nostro paese; dopo la sperimentazione che stiamo vivendo in questi giorni, difficilmente le aziende rinunceranno a tali vantaggi e riduzioni dei costi.

L’imprenditorialità non vivrà più di uffici e cartellini da timbrare, sedi e stabilimenti.

La principale risorsa ricercata sarà la professionalità delle persone trasmessa attraverso un computer o tablet.

Ne ha parlato il sociologo Domenico De Masi, professore di sociologia del lavoro alla Sapienza, in un’intervista su La7:

 “Il telelavoro si poteva applicare già da vent’anni, soltanto grazie a questo pipistrello cinese finalmente otto milioni di persone hanno capito che si può lavorare da casa.” ha detto.

Lo studioso ne aveva parlato già negli anni ‘90 spiegando che la maggior parte delle attività ripetitive e noiose possono essere delegate alle macchine, mentre all’uomo resta solo il compito di lavorare a livello intellettuale, maneggiando informazioni.

Questa unica e decisiva mansione può essere svolta da qualsiasi luogo, azzerando costi e spostamenti, procurando numerosi vantaggi ad ogni parte coinvolta nel processo lavorativo.

In un’intervista per il sito formiche.net, il sociologo ha dichiarato che il cambiamento è già in atto, considerando che attualmente ci sono 3-400 milioni di persone al mondo che stanno lavorando da casa. 

Questa cifra non sarebbe mai stata possibile senza la paura di un’epidemia. Non tutte le disgrazie vengono per nuocere.” ha affermato.

L’emergenza sanitaria ci sta insegnando molto e, anche se certamente torneremo alla vita precedente, non è escluso che numerose rivoluzioni sconvolgano definitivamente il tessuto sociale.

Quella del mercato del lavoro è una di queste. Farci trovare pronti dipende solo da noi.

 

Angela Cucinotta