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E’ lo “Spirito di Messina” ad aver formato l’Unione Europea

Cultura Locale
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E’ il giugno del 1955, dieci anni dopo la fine della seconda guerra mondiale; la nazione, sconquassata fin dalle fondamenta, sta cercando di rimettersi in piedi, in modo dignitoso e decoroso. Gli animi degli italiani, seppur stanchi ed affranti, in quegli anni vedono la speranza per un futuro migliore, ci credono e ci lavorano su, affinché quello che era accaduto non si ripetesse, affinché i loro figli non vedessero né subissero le atrocità che erano loro toccate. Il popolo vuole gli stati più uniti, spera in un unione che sancisca che nessun conflitto trovi più menti sulle quali attecchire e insidiare le sue malsane brame.

© Belga Photo – da sinistra a destra: Paul-Henri Spaak (Belgio), Walter Hallstein (RFA), Antoine Pinay (Francia), Joseph Bech (Lussemburgo), Gaetano Martino (Italia) e Johan Willem Beyen (Paesi Bassi)

Sono i primi due giorni del mese di Giugno, del 1955, e a Messina, per volere dell’allora Ministro degli Esteri Gaetano Martino, si tiene quella che passerà alla storia, sia italiana che europea, come Conferenza di Messina. A molti messinesi “Gaetano Martino” può far venire in mente il policlinico universitario, nonché l’ospedale più grande della città. Ma Martino fece molto di più che dare il nome ad un policlinico.

Martino, nel suo intento e desiderio di unione, convoca la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio (CECA) costituitasi nel 1951 e tiene per l’appunto la Conferenza di Messina; questa procederà all’avvio dei Trattati di Roma, che porteranno, dopo soli due anni, alla costituzione della Comunità Europea per l’Energia Atomica (EURATOM) e la Comunità Economica Europea (CEE).

Fonte: Archivio Storico del Senato della Repubblica – sicilyineurope.eu Conferenza CECA, Messina 1-2 Giugno 1955

«Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione… Mi auguro che in questa Conferenza aggiungeremo un’altra pietra alle fondamenta della costruzione europea», dichiara Martino in apertura dei lavori. Della CECA fanno parte 6 stati membri, Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Inizialmente, come in qualsiasi progetto di vasta scala e di grande portata, i Ministri degli Esteri dei sei Stati si sono trovati in difficoltà sulla linea da seguire. I Paesi Bassi premevano per un unione di tipo doganale, mentre la Francia, portatrice indiscussa di integrazione fra popoli, che tuttora innalza la sua bandiera contro qualsiasi forma di discriminazione e razzismo, insisteva per un’integrazione totalizzante. Dopo una fase di stallo, il piano di avviamento è partito, e nel 1992, con i Trattati di Maastricht, nasce quella che oggi è l’Unione Europea.

Eppure, in periodi di diffidenza come questi che viviamo ora, è difficoltoso parlare sia di Unione che di Europa, per di più se si uniscono le due parole. Qualsiasi studioso di storia o di antropologia, sa bene che già gli antichi accomunavano le popolazioni dei diversi Stati europei sotto un’unica forma mentis.

Fonte: strettoweb.com

Siamo “Unione” da un punto di vista linguistico, qualsiasi linguista può affermare che gli idiomi che oggi utilizziamo, seppur diversi, derivano quasi tutti dal latino e prima ancora dall’indoeuropeo. Siamo “Unione” da un punto di vista storico; nessun evento di grande rilevanza per i nostri paesi ha mai lasciato, nei secoli, indifferenti gli altri che lo stavano ad osservare. Siamo “Unione” sotto l’aspetto scientifico, con scambi frequenti tra i nostri migliori intelletti.

Ma l’Europa, è bene dirlo, in un momento in cui uno degli stati membri propone un referendum per uscirne fuori (con esiti ancora incerti, nonostante il popolo si fosse espresso favorevole) è primo di tutto “identità” e – l’identità non coincide col passaporto – dice la scrittrice Dacia Maraini – e tanto meno con una bandiera o una religione. E’ un insieme di valori in continuo cambiamento -; ed è in onore di quei valori che dobbiamo ricordare chi siamo, e sempre in nome di quelli, quando vi sono delle incertezze e sfiducie durante le Conferenze, che si ripete e ricorda “lo spirito di Messina”.

 

Ilaria Piscioneri