Cibo “sano e biologico”: ecco come gli elenchi degli ingredienti ingannano i consumatori

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Quante volte ci rassicuriamo di mangiare cibo sano, o meno nocivo di altri, perché riportano sull’etichetta slogan come “Naturale” o “Biologico“. Oppure leggendo gli ingredienti troviamo basse quantità di zucchero o la presenza di cereali e bacche che ci rassicurano circa la salubrità del prodotto.

In realtà tutto questo ci dovrebbe far star altro che tranquilli, poiché risultano essere tutti trucchi, sapientemente studiati dai produttori, ai fini di marketing.

Il punto è proprio questo: i prodotti vengono presentati come salutari non perché danno realmente giovamento alla salute del consumatore ma per migliorare le vendite dei produttori. E’ proprio partendo da questo monito che bisogna capire la realtà che sta dietro determinate etichette ed elenchi di ingredienti.
Ciò che ci rassicura, probabilmente, è il fatto che i produttori alimentari sono tenuti, per legge, a riportare sulle schede nutrizionali informative dei loro prodotti, tutte le sostanze contenute al loro interno, ma in realtà esistono dei trucchi nel commercio alimentare, in grado di camuffare, omettere, imbellire alcune realtà che ci farebbero desistere dall’acquisto.
Ecco allora alcuni dei più comuni trucchi usati dalle aziende alimentari, per ingannare i consumatori.
Dividere gli zuccheri presenti tra molti ingredienti così che la loro quantità non compaia nei primi tre dell’elenco ( che riportano le quantità maggiori). Per esempio un’azienda può usare una combinazione di saccarosio, fruttosio, sciroppo di cereali, sciroppo di grano, zucchero di canna non raffinato, destrosio e altri zuccheri per essere sicura che nessuno di essi sia presente in quantità sufficienti da arrivare nelle prime posizioni dell’elenco.
Questo inganna il consumatore sul fatto che il prodotto non sia fatto principalmente da zucchero, mentre in realtà i principali ingredienti potrebbero essere differenti tipologie di zucchero.
Gonfiare l’elenco con minuscole quantità di ingredienti ridondanti, principalmente presenti nei prodotti per la cura personale. Ad esempio in uno shampoo le aziende possono dichiarare che il prodotto sia alle erbe quando in realtà ne presenta una quantità quasi inesistente.
Nei prodotti alimentari le aziende gonfiano la lista degli ingredienti con salutari bacche o erbe che molto spesso sono presenti solo in piccolissime quantità. Alla fine la presenza degli ingredienti della” spirulina”, il superfood benefico del momento, non è abbastanza elevata per produrre reali effetti sulla salute.
Questo trucco è chiamato “etichetta imbottita” ed è comunemente usato dai produttori di “junk-food“(cibo spazzatura), che vogliono saltare illegittimamente sul carro dei prodotti biologici.

Nascondere ingredienti dannosi dietro nomi dal suono innocente. L’estremamente cancerogeno nitrito di sodio (conservante E250), sembra perfettamente innocente ma è dichiaratamente causa di tumori al cervello, cancro al pancreas, colon e molti altri tipi di cancro.
“Carminio” suona come un’innocente colorante per alimenti, ma in realtà è fatto con le carcasse frantumate di scarafaggi rossi della cocciniglia. Naturalmente nessuno mangerebbe yogurt alle fragole se sulla etichetta leggesse “colorante rosso per alimenti a base di insetti“.
Allo stesso modo “estratto di lievito” suona abbastanza salutare ma in realtà è un trucco per nascondere il glutammato monosodico (sale di sodio dell’acido glutammico).
Essere ingannati dal nome dei prodotti, i quali includono sapientemente parole che descrivono ingredienti in realtà assenti all’appello. Un cracker al formaggio non deve necessariamente contenere formaggio, un prodotto alla frutta, può benissimo non contenere una sola molecola di frutta. In sostanza, i nomi sono creati per vendere i prodotti giocando su banali associazioni mentali, e non per descrivere gli ingredienti contenuti in esso.
La lista degli ingredienti non include gli inquinanti chimici, metalli pesanti, bisphenol- A, PCBs, perclorato o altre sostanze tossiche trovate nei cibi. Il risultato è che le etichette non elencano quello che in realtà c’è nei cibi, ma soltanto quello che, i produttori, vogliono che tu creda ci sia.


Manipolare le quantità delle porzioni per nascondere ingredienti nocivi. La FDA(Food And Drug Administration) ha creato un sotterfugio per (non) riportare gli acidi grassi nell’etichetta: ogni cibo che contiene fino a 0.5 grammi di acidi grassi per porzione, è permesso dichiararlo, sull’etichetta, a contenuto ZERO di acidi grassi, secondo la logica della proporzione FDA dove 0.5=0.
Sfruttando questo trucchetto, le aziende arbitrariamente riducono le porzioni dei loro cibi a livelli ridicoli, quanto serve per tenere gli acidi grassi sotto lo 0.5 grammi per porzione, così da poter dichiarare in grande sulla confezione “ZERO Acidi Grassi“. Se un biscotto contiene 0.5 acidi grassi, il produttore può dichiarare che l’intero pacco di biscotti è “SENZA Acidi Grassi”. In realtà il pacco può contenere 30 biscotti, che porta a 15 grammi di acidi grassi saturi totali per l’intero pacco.
Le richieste per elencare gli ingredienti nei cibi fu prodotto da uno sforzo congiunto tra il Governo e l’industria privata. Inizialmente le aziende alimentari non volevano fosse obbligatorio indicare tutti gli ingredienti. Chiesero che gli ingredienti fossero considerati “proprietà riservata”, e che elencarli, svelando così i loro segreti modi di produzione avrebbe distrutto i loro affari.
In Europa, sino all’emanazione del Regolamento UE n. 1169/2011, l’etichettatura nutrizionale era facoltativa, a meno che sulla confezione o nella pubblicità del prodotto alimentare si facesse riferimento a specifiche indicazioni nutrizionali. Il Regolamento ha dato inizio, il 16 dicembre 2014, ad un periodo transitorio nel quale i prodotti che fino a quel momento erano obbligati ad indicare in etichetta le informazioni nutrizionali dovevano adeguare le indicazioni presenti alle nuove disposizioni. Dal 16 dicembre 2016 invece tutti gli alimenti hanno dovuto riportare l’etichetta nutrizionale.

Giusi Villa