Come finirà l’universo?

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Ammettiamolo: fin da piccoli siamo a conoscenza della teoria del Big Bang sull’origine dell’universo, ma sconosciamo del tutto quale possa essere il destino ultimo del cosmo.

In realtà, nemmeno la scienza è in grado di darci una risposta univoca, anzi: sono nate nel corso degli anni una notevole quantità di teorie, dalle più intuitive alle più bizzarre.

Fino a non molto tempo fa si riteneva che l’universo fosse statico, ovvero sempre uguale a se stesso, non in moto. Persino Albert Einstein inserì del tutto arbitrariamente un valore, la costante cosmologica, nella relatività generale per impedire che venisse confutata questa teoria, della quale era un grande sostenitore.

Di parere opposto erano sia Lemaître che Hubble: entrambi osservarono che la radiazione emessa dalle galassie vicine alla terra andava nel corso del tempo ad assumere sempre più un colore rosso. A meno che questa variazione cromatica non fosse dovuta a un capriccio astrofisico, questo fenomeno richiedeva una spiegazione: è il moto di allontanamento delle galassie a causarlo, dunque l’universo è in espansione. Questa prova, insieme a molte altre, ha di fatto eliminato definitivamente il modello di universo statico, con buona pace di Einstein.

Ma quali sono le forze in gioco in grado di spiegare questa espansione?

Intuitivamente verrebbe da pensare che la forza di gravità, responsabile dell’attrazione tra i corpi celesti, li avvicini sempre più tra loro, causando una contrazione dell’universo, piuttosto che un’espansione. Proprio per questo motivo Einstein inserì la costante cosmologica, che però secondo il fisico controbilanciava esattamente la gravità, rendendo l’universo statico.

Ovviamente la gravità agisce, ma deve essere presente una qualche forma di energia in grado di spiegare la tendenza all’espansione: questa energia, per via della sua origine sconosciuta, è stata chiamata energia oscura e la sua caratterizzazione rappresenta una delle maggiori sfide della fisica moderna.

Avrete sicuramente capito che il destino dell’universo dipenderà quindi dalla quantità di energia oscura, che si oppone alla tendenza “collassante” della gravità.

A ciò va aggiunto un altro parametro fondamentale: la forma dell’universo.

Abbiamo 3 possibilità, in base al valore della densità critica dell’universo stesso (Ω).

  1. Ω>1: universo sferico, chiuso.
  2. Ω<1: universo aperto a curvatura negativa, forma simile a una sella.
  3. Ω=1: universo piatto, come un foglio di carta.

In un universo chiuso, appare intuitivo che prima o poi la gravità prenda il sopravvento causando prima l’arresto dell’espansione, poi la contrazione fino a uno stato di estrema condensazione di tutta la materia (singolarità), il Big Crunch.

Da qui in poi è impossibile stabilire cosa accadrà. Un’ipotesi suggestiva prevede che essendo il Big Crunch di fatto uno stato identico al Big Bang, dopo esso l’universo possa nuovamente riformarsi, in un ciclo infinito. Da ciò nascono due teorie simili: l’universo oscillante di Penrose e il Big Bounce (grande rimbalzo), che stanno tuttavia perdendo importanza, in quanto oggi si ritiene che l’energia oscura sia talmente abbondante da mantenere l’espansione indefinitamente, anche in un universo chiuso.

Schema dell’ipotetico Big Bounce

Anzi, l’espansione si starebbe verificando sempre con velocità maggiore. Inoltre, la maggior parte dei dati indica che Ω=1.

Sono nate dunque altre due teorie (valide anche per Ω<1): il Big Freeze (“morte termica”) e il Big Rip.

La prima rappresenta una diretta conseguenza del secondo principio della termodinamica: l’entropia, ovvero il “disordine” che per definizione è in costante crescita, aumenta al punto tale da rendere impossibile l’esistenza di una qualsiasi forma di materia “ordinata”, dall’essere umano a una stella, dall’acqua a un cuscino. Alla fine di tale processo, la materia così come la conosciamo (composta da protoni, elettroni ecc.), verrebbe disgregata a tal punto da essere sostituita da una “nuvola” di fotoni, particelle prive di massa con vita infinita.

Ancora più “catastrofico” è il Big Rip (grande strappo): la velocità di espansione crescerebbe al punto tale da determinare un improvviso “strappo” dello spazio-tempo, con il venir meno della capacità delle forze gravitazionale, elettromagnetica e nucleare di tenere unita la materia. Le conseguenze sono simili al Big Freeze: un universo freddo e inerte, incompatibile con la vita. Oggi si ritiene che non ci sia tuttavia una quantità tale di energia oscura da giustificare questa ipotesi.

Concludiamo con la teoria forse più affascinante: il multiverso.

Quanti di voi hanno visto almeno un film o una serie tv che parla di universi paralleli?

Il fascino di questo argomento non ha risparmiato nemmeno la comunità scientifica, da Stephen Hawking ad Andrej Linde. Secondo alcuni fisici, l’esistenza di più universi sarebbe giustificata dalla cosiddetta inflazione caotica, sostenuta persino da conferme sperimentali (link a fondo pagina). Secondo la fisica quantistica, in realtà, il vuoto, inteso come “il nulla”, non esiste: esso è formato da una “schiuma quantistica”, nella quale c’è un continuo “ribollire” dello spazio dovuto a fluttuazioni energetiche del tutto casuali (da cui il termine “caotica”). Un po’ come in una coppa di spumante, nella quale si formano continuamente bolle in modo casuale. Questa teoria prende il nome di teoria delle bolle.

Se una di queste bolle possiede un’energia sufficiente, può avere origine un universo a sé stante dall’universo di partenza.

I due universi sarebbero inizialmente collegati da un wormhole (ponte di Einstein-Rosen, figura in basso), per poi diventare indipendenti.

Pur essendo questo un modello di universo senza fine, in quanto si formano infiniti universi, ogni singolo universo può andare incontro a un Big Freeze o un’altra sorte.

Ad ogni modo, se vi state preoccupando per la fine del cosmo, non disperate: nessun lettore di questo articolo vivrà tanto a lungo da poterla testimoniare.

Emanuele Chiara

Per approfondire:

https://www.cfa.harvard.edu/CMB/bicep2/papers.html