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I geni sono fra noi… e sono rumorosi

Scienza & Salute

Ti è capitato nel tuo percorso di studi di avere un compagno di classe discolo, disattento, superficiale e dispettoso? L’hai odiato? Può darsi che il nuovo Einstain volesse avere a che fare proprio con te e tu l’hai ignorato. Ti sei riconosciuto nella descrizione? Ci sono più alternative: o hai una tendenza o una vera e propria diagnosi di ADHD (Deficit di attenzione e iperattività), oppure sei un superdotato, o perché no, potresti anche avere una doppia diagnosi.

L’articolo di Mullet e Rinn (http://dx.doi.org/10.1080/02783193.2015.1077910 ) pubblicato nel 2015 sulla rivista Brain si propone di verificare quale sia la reale diffusione del Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) valutando le eventuali diagnosi formulate nella noncuranza dei criteri diagnostici e indagando sull’attribuzione del suddetto deficit ad altre situazioni con sintomi simili, focalizzandosi in particolare sui bambini superdotati.

L’ADHD è una patologia che si presenta con scarsa attenzione, iperattività, scarsa tolleranza alle frustrazioni, comportamenti scorretti, impulsività e scarsa o nulla memoria di lavoro; seppure sembrino tratti parecchio disfunzionali, tali caratteristiche possono essere presenti anche in bambini superdotati qualora l’ambiente non li stimoli tenendo conto delle loro potenzialità, servendosi di un adeguato coinvolgimento, qualora fosse possibile anche multimediale, e stimolando la creatività, spesso presente nei bambini con ADHD ma ancor di più sviluppata in quelli che presentano la doppia diagnosi di superintelligenza e Deficit dell’Attenzione e Iperattività.
Vista la vasta diffusione della patologia in esame, che è ancora oggetto di discussione tra alcuni studiosi che sostengono vi sia un abuso della diagnosi e altri che invece ritengono che non vi siano abbastanza elementi per concludere che la patologia sia sovradiagnosticata, per una maggiore chiarezza il DSM-V (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali) riporta criteri diagnostici aggiornati, spostando l’età massima di esordio da 6 a 12 anni, introducendo criteri diagnostici anche per gli adulti e diminuendo da 6 a 5 il numero di sintomi necessari per la diagnosi in ragazzi di età pari o superiore a 17 anni. Il DSM aggiornato omette però la possibilità che la disattenzione in classe possa derivare anche da un’alta intelligenza, escludendo di fatto una classificazione multidimensionale e focalizzandosi escusivamente su quella categoriale, rischiando così di stereotipare i piccoli pazienti, e non comprendendo le loro reali necessità. Posto il fatto che le due situazioni possono coesistere interagendo e influenzandosi vicendevolmente, nei bambini con doppia diagnosi possono essere presenti tre situazioni distinte:

  1. L’ADHD eclissa la superintelligenza, facendo apparire il bambino nella norma o sotto la
    norma dal punto di vista cognitivo.
  2. La superintelligenza nasconde l’ADHD, poiché l’elevata intelligenza compensa le
    carenze del bambino.
  3. L’ADHD e la superintelligenza interagiscono nascondendosi l’un l’altra. In questo
    contesto i bambini appaiono molto intelligenti ma presentano anche comportamenti inadeguati.

La mancata consapevolezza di un’elevata intelligenza associata ai comportamenti tipici dell’ADHD, spesso condannati invece che limitati e compresi da docenti e genitori, provoca una mancanza di autostima e di conoscenza di sé, fondamentale per la buona resa scolastica e l’integrazione sociale, ambito spesso compromesso nei bambini con una simile situazione poiché non a loro agio nel contesto classe. Difatti, come dimostrato nel 2001 dagli studi di Moon, Zentall e colleghi, i bambini affetti dalla doppia diagnosi hanno più difficoltà nell’esprimere le emozioni rispetto agli altri bambini, fattore associato anche e soprattutto alla mancanza di autostima. Sarebbe dunque necessario che le persone che interagiscono con loro, soprattutto in riferimento ai docenti, abbiano un atteggiamento aperto ed espansivo, tale da stimolare anche un approccio emozionale oltre che cognitivo, favorendo l’integrazione con i compagni. Inoltre è necessario che il docente non si limiti a dare compiti facili per favorire i bambini con doppia diagnosi, perché al contrario questi ultimi, data la loro intelligenza, svilupperebbero frustrazione poiché riuscirebbero a risolvere anche compiti difficili. È necessario invece che le spiegazioni siano chiare e lineari e che i bambini vengano incoraggiati ad avere comportamenti adeguati e prestazioni cognitive consone, anche e soprattutto con rinforzi positivi.

Se la diagnosi corretta è formulata in un tempo relativamente vicino all’esordio dei sintomi è possibile compensare le carenze dei soggetti ed è riscontrato sperimentalmente un miglioramento nella resa scolastica. Sono dunque necessarie delle strategie che permettano ai bambini di superare le difficoltà che caratterizzano la doppia diagnosi che si discostino dai metodi tradizionali che prevedono lo scomporre un problema in elementi semplici, poiché data la loro elevata intelligenza i bambini con doppia diagnosi potrebbero trovare noioso e frustrante questo metodo risolutivo. Un primo approccio era quello che si focalizzava sul deficit, prevedendo un aiuto agli studenti affetti da ADHD nel far fronte ai problemi caratteristici della patologia ma che nel contempo li stigmatizzava. Ad esso si sono contrapposti più recentemente gli approcci basati sul potenziamento dei punti di forza del singolo, che lavorando sulla responsabilità aumentano anche l’autostima. Inoltre è necessario proporre un apprendimento basato sul perché di un determinato evento in modo da favorire i risultati scolastici e creare un pensiero personale sugli argomenti trattati.
I bambini superdotati e con ADHD sono meno propensi a perdere la loro elevata intelligenza rispetto a quelli senza ADHD.
Intervenendo tempestivamente si evita la possibilità di comorbilità con disturbi quali depressione maggiore, DOC e Sindrome di Asperger che complicherebbero ulteriormente il quadro clinico.

Sotto il punto di vista neurologico, servendosi di un eletroencefalogramma, Kalbfleisch confrontò bambini superintelligenti con e senza ADHD e notò che i bambini che presentavano anche il deficit avevano più difficoltà nel ragionare su compiti che riguardavano il pensiero divergente a causa della loro propensione a mantenere un’elevata focalizzazione sul compito da affrontare. Tale elevata focalizzazione è invece il punto di forza degli approcci basati sul potenziamento e rende possibili successi nell’apprendimento e sviluppa concretamente il loro potenziale.
Da un punto di vista farmacologico, attraverso un test su tre gruppi, uno di bambini super intelligenti, uno con e uno senza ADHD, Grizenko e colleghi notarono che dopo essere stimolati con un trattamento con farmaci placebo i bambini superintelligenti con ADHD presentano sintomi più gravi rispetto agli altri due gruppi.
Data l’evidenza ormai consolidata che vi siano diagnosi di ADHD che non tengono conto dei criteri diagnostici, o che per somiglianza di sintomi confondono la patologia con una superintelligenza del bambino, o ancora casi in cui la diagnosi viene emessa anche in sostituzione a diagnosi di altri disturbi, è necessaria una maggiore attenzione degli specialisti. Qualora vi siano situazioni in cui realmente sia impossibile distinguere i sintomi della superintelligenza e dell’ADHD e si faccia doppia diagnosi, i bambini caratterizzati da questa situazione devono essere trattati tenendo conto delle loro spiccate capacità intellettive, del loro lato creativo ma anche degli atteggiamenti tipici del deficit, che non devono essere condannati o giudicati ma limitati e compresi. Inoltre i bambini hanno bisogno di un contatto emozionale costante per sviluppare la loro stessa emozionalità e necessitano di strategie compensative che si basino prevalentemente sul tramutare i punti deboli in punti di forza. Con un’adeguata compensazione e la dovuta attenzione nei loro riguardi, i bambini possono raggiungere anche successi scolastici e personali, e possono aumentare la loro autostima, spesso deficitaria a causa del contesto inappropriato che li segue.

Dunque se proprio tu che stai leggendo, in passato sei stato canzonato in quanto discolo e distratto, è il tuo momento! Tramite il test di WAIS, che si focalizza su diversi items che indagano i vari tipi di intelligenza, potrai conoscere il tuo QI (quoziente intellettivo), e grazie all’ASRS – v.1.1 che indaga la presenza di sintomi dell’ADHD, somministrati da un clinico specializzato potresti anche vendicarti dei soprusi subiti e riscattarti.

Paola Puleio

BIBLIOGRAFIA 
Dianna R. Mullet & Anne N. Rinn (2015) Giftedness and ADHD: Identification, Misdiagnosis, and Dual Diagnosis, Roeper Review, 37:4, 195-207, DOI: 10.1080/02783193.2015.1077910
Moon, S. M., Zentall, S. S., Grskovic, J. A., Hall, A., & Stormont, M. (2001). Emotional and social characteristics of boys with AD/HD and giftedness: A comparative case study. Journal for the Education of the Gifted, 24, 207–247.
Kalbfleisch, M. L. (2001). Electroencephalographic (EEG) differences between boys with average and high-aptitude with and without attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) during task transi- tions. Dissertation Abstracts International: Section B. Sciences and Engineering, 62(1–B), 96.
Grizenko, N., Zhang, D. D. Q., Polotskaia, A., & Joober, R. (2012). Efficacy of methylphenidate in ADHD children across the normal and the gifted intellectual spectrum. Journal of the Canadian Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 21, 282–288.