Perché abbiamo paura dell’olio di palma? Sappiamo davvero tutta la verità?

Redazione Attualità
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Siamo nell’epoca in cui “non c’è più il cibo di una volta“, nell’epoca in cui il cibo non ci fa soltanto sopravvivere ma ci fa anche morire, l’epoca in cui il cibo è il bene e il male allo stesso tempo, quella in cui “questo fa bene, quello fa male“. Questa è l’epoca che io definirei post- industriale del cibo. Ovvero, quel momento in cui qualcuno ha cominciato a mettere la testa fuori dalla realtà industriale che ormai ci pervade e ci opprime, al punto da non averci lasciato scelta che scegliere l’unica opzione (forse) possibile. Cercando di capire quali siano gli ingranaggi della macchina industriale, cercando di combatterla.

Siamo nell’era dell’informazione auto -prodotta, dove la pubblicità non è “monopolio” delle grandi aziende, ma siamo nell’era dei profeti digitali, dove tutti hanno da dire su tutto.

E’ in questa congerie di informazioni e disinformazioni che generando un overload cognitivo non ci permette di scegliere lucidamente, e sorgono tematiche sulle quali non si sa mai da che parte stare.
Nella fattispecie, siamo nel preciso momento in cui se qualcuno dice “olio di palma“, gli altri rispondono “vade retro“.


Ma partiamo dall’inizio: cos’è l’olio di palma?
L’olio di palma è ottenuto da frutti simili alle olive di diverse varietà di palme. Dopo il raccolto i frutti sono trattati con il vapore per essere sterilizzati, snocciolati, cotti e messi sotto una pressa per estrarne l’olio, che in seguito diventa giallo biancastro dopo essere stato raffinato. Viene ampiamente utilizzato nell’industria alimentare, per mantenere la consistenza morbida delle torte, merendine, altri prodotti da forno e creme spalmabili.

Alla luce di ciò, cosa c’è nell’olio di palma che fa davvero male? E perchè lo si ritiene migliore rispetto ad altri prodotti utilizzati in casa?
Tutto è cominciato quando su molte confezioni di generi alimentari è comparsa la scritta “senza olio di palma” una mossa che le aziende hanno messo in campo per tranquillizzare i propri consumatori sempre più spaventati da questo olio vegetale molto usato nell’industria alimentare dei prodotti più noti ed usati al mondo.
Ma sugli effetti dell’olio di palma gli esperti si sonno spesso divisi. Nel maggio del 2016 l’Istituto Superiore di Sanità ha emanato una nota nella quale chiariva che molti dei rischi propagandati sull’olio di palma non corrisponde alla realtà, o quanto meno non ben rappresentati in quanto non erano molto diversi da quelli di tanti altri alimenti grassi. Successivamente si è fatta avanti l’Efsa, Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che ha pubblicato un documento di 159 pagine, secondo il quale il problema dell’olio di palma son o i derivati del glicerolo prodotti durante la raffinazione. Un fenomeno comune a tutti gli oli di semi. Questi derivati consumati in maniera eccessiva possono provocare danni alla salute. In poche parole l’olio di palma è un grasso satura, proprio come burro o margarina(prodotta proprio con olio di palma), e va consumato con moderazione. Un eccesso di grassi saturi nell’alimentazione può portare a vari problemi di salute, come malattie cardiovascolari o aumento del diabete o colesterolo, insomma, il problema sembra essere la dose.
Ma allora cosa lo rende peggiore rispetto, per esempio, al classico burro che utilizziamo per fare dolci in casa, mettendoci al riparo da nocive produzione industriali? Anche il burro è, di fatti, un grasso saturo che permette di ottenere una consistenza migliore rispetto invece a oli vegetali, che sono invece insaturi. L’olio di palma anche se proviene da un vegetale è un grasso saturo ed ha più cose in comune col burro di quanto crediamo. Ma cosa spinge le aziende a scegliere l’olio di palma rispetto ad un altro olio vegetale?The money” è la risposta. Il prezzo decisamente più basso è uno dei motivi principali, insieme alla sua capacità di lunga conservazione.
Ma se questo può farci desistere dalla demonizzazione dell’olio di palma, vi è un’altro aspetto che non va trascurato. L’olio di palma, che seppur nocivo se preso in quantità elevate, e paragonabile ad altri prodotti di uso comune, rivela comunque un’altro aspetto negativo legato alla sostenibilità ambientale e all’aspetto etico, che hanno a che fare con foreste desertificate, terreni impoveriti, lavoratori sfruttati, violazione dei diritti umani, lavoro minorile, In Indonesia vengono impiegati nella produzione dell’olio bambini sotto i dieci anni, come denunciato da Amnesty International.

Il “problema olio di palma” quindi, ha implicazioni che vanno oltre al di là della nocività fisica, ma sembra proprio che sia nocivo per l’intero pianeta e non solo per chi lo consuma, ma in modo laterale anche per chi lo produce.

 

Giusi Villa