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Solo: A star Wars Story

Universome Redazione
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Lo spin-off dedicato a Han Solo è probabilmente uno dei capitoli attesi con maggiore trepidazione dagli appassionati e dai fan della saga. L’interpretazione di Harrison Ford ha conferito al personaggio una fama inarrivabile: il suo essere del tutto antitetico rispetto allo stereotipo tradizionale dell’eroe, incarnato dal buon Luke Skywalker, e il suo beffardo, e in larga misura egoistico, approccio alla vita, l’hanno consacrato a uno dei ruoli più amati nella storia del cinema di fantascienza.

L’avevamo visto nell’episodio VII – Il Risveglio della Forza – perire trafitto dalla spada laser del figlio Kylo Ren (interpretato da Adam Driver), convertito al lato oscuro dopo essersi ribellato al suo maestro Jedi. Nel nuovo prequel di Ron Howard (vedi anche: The Beatles – Eight days a week), in uscita nei cinema in Italia dal 23 maggio, ambientato alcuni anni prima dell’episodio del 1977 – Una Nuova Speranza -, trovano invece posto le prime e rocambolesche avventure, elaborate dagli sceneggiatori a partire da alcuni accenni contenuti nei film precedenti (ad esempio la celeberrima “rotta di Kessel in 12 parsec”). Tralasciando gli ovvi motivi anagrafici che hanno portato la produzione a scegliere un giovane attore come Alden Ehrenreich, è notorio che Harrison Ford agli inizi della sua carriera odiasse rimanere imprigionato nel ruolo, mantenendo questo astio nel tempo al punto, infatti, da accettare la partecipazione all’episodio VII unicamente a patto di fare morire il personaggio.

Il nuovo interprete non deve avere avuto vita facile a confrontarsi con la personalità di Han Solo, ma l’interpretazione risulta nel complesso convincente. La storia parte dalla fuga dal pianeta Corellian insieme alla  sua amata Qi’ra (Emilia Clarke) per sfuggire dalle grinfie di Lady Proxima, e dall’arruolamento nelle fila dell’esercito imperiale, per perseguire l’obiettivo di diventare un pilota e quindi tornare a salvare la donna della quale si era innamorato. Questo piano iniziale si guasterà scontrandosi con una serie di imprevisti: l’incontro con tre personaggi in incognito travestiti da militari e il primo contatto con Chewbacca e Lando Calrissian, nonché col Millennium Falcon.

Gli effetti speciali spettacolari e il ritmo forsennato degli avvenimenti conferiscono alla trama una caratterizzazione decisamente action. Le ambientazioni, soprattutto quelle girate sulle Dolomiti, durante l’assalto a un vagone di un treno (topic caro ai film western e a molti war movies), nei pressi delle Tre Cime di Lavaredo, denotano un approccio visivo magniloquente al film. Bella anche la ricostruzione immaginaria dell’avventura all’interno del Maelstrom spaziale, in cui è facile scorgere un richiamo al celebre racconto di E. Allan Poe. A differenza degli altri film del filone principale, dove forte era la componente mistica e l’allegoria giocata sull’elemento della forza, e rispetto all’altro spin-off, Rogue One, in cui era pregnante l’etica del sacrificio in vista di grandi ideali, la trama risulta povera di spunti che vanno al di fuori degli schemi del classico racconto di azione di Hollywood, consegnando un carattere quasi “fumettistico” all’azione. La mancanza reale di colpi di scena, al di là di quelli più che prevedibili, e la freddezza lineare di alcune scene, non ne fanno un film particolarmente memorabile, ma che risulta, in definitiva, un tassello godibile per tutti gli amanti di Guerre Stellari.

                                                                                                                                                         Eulalia Cambria