Una finestra sui secoli: l’Antiquarium di Palazzo Zanca

Universome Redazione
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img_9987Città dalla storia plurisecolare, più volte distrutta e ricostruita, Messina oggi sorge quasi interamente nella sua struttura moderna di città novecentesca. Eppure, nonostante questi continui cambi di volto, qualcosa resta ancora a preservare l’immagine della struttura urbana antica, ed è proprio sotto i nostri piedi. Sotto le fondamenta della città contemporanea giacciono infatti, sovrapposti e stratificati gli uni sugli altri, i resti delle costruzioni preesistenti. Poche pietre e reperti, che però, grazie al sapiente lavoro degli archeologi, diventano i silenti testimoni della continua evoluzione del tessuto urbano, dalla città greca e romana all’abitato medievale di epoca normanna, fino alla città cinque-seicentesca che ampliandosi e definendosi fino al XIX sec., verrà poi totalmente spazzata via dallo sguardo e dalla memoria dei cittadini dal terrificante sisma del 1908.img_9982

Nel cuore della città moderna, a due passi dal Duomo e da Piazza Antonello, con la grande facciata rivolta verso lo Stretto, si erge la massiccia mole novecentesca di Palazzo Zanca, sede del Municipio, grande “cervello” politico e amministrativo della città. Proprio nel cortile interno di questo edificio dei lavori, avvenuti nel 1976, rivelarono la presenza di materiale di interesse archeologico. Da allora, decenni di scavi si sono susseguiti dando alla luce un importante spaccato del tessuto urbano pre-Terremoto. Per consentire la fruizione al pubblico di questa area archeologica, è stato di recente allestito in una ala del palazzo un piccolo ma elegante museo archeologico, l’Antiquarium.

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L’ingresso all’Antiquarium si trova in prossimità di una delle facciate laterali di Palazzo Zanca, per la precisione quella rivolta verso piazza Immacolata di Marmo e il Duomo, da cui facilmente si può raggiungere anche grazie alle numerose indicazioni. L’accesso è gratuito ed aperto al pubblico quotidianamente dalle 9 alle 18 escluso le domeniche e i festivi. Appena entrati, ci accoglie un breve ma curatissimo percorso espositivo lungo il quale vengono presentati, in tre salette, reperti archeologici di provenienza messinese e mediterranea, principalmente vasi e suppellettili di uso quotidiano, che costituiscono il necessario preludio a ciò che il cortile ci mostrerà.

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Si accede dunque al cortile, dove l’area degli scavi ci appare come una arcana finestra sui secoli. “Tutto questo per qualche frammento di muro o di fondamenta?” potrebbe obiettare qualche lettore perplesso. Ma il fascino dell’archeologia è proprio questo: le pietre, quasi per definizione inerti e mute appunto “come una pietra”, in realtà parlano, nella misura in cui gli archeologi sanno interrogarle e “ascoltare” ciò che hanno da dirci, decifrando con la loro preparazione tecnica il loro linguaggio altrimenti incomprensibile. Cosa ci raccontano le pietre di Palazzo Zanca?

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Innanzitutto ci parlano di una città più antica, di epoca romana imperiale, presumibilmente frutto dell’espansione della preesistente città greca, quella Messana, per intenderci, per difendere la quale Roma sfidò per la prima volta la potenza cartaginese nella prima guerra punica. Sopra questi resti, databili fra il I e il IV sec. d.C., si innesta, a seguito del periodo di decadenza legato alle dominazioni bizantine e arabe, l’abitato medievale risalente al 1082, all’epoca del Gran Conte Ruggero, immediatamente successivo alla riconquista normanna della Sicilia. Come pagine scritte fittamente l’una sull’altra, si sovrappongono i vari strati costruttivi corrispondenti a diversi periodi storici: emergono via via dalla terra le tracce del consolidamento svevo e aragonese, fino ad arrivare alla struttura quattrocentesca che poi manterrà sostanzialmente invariato il suo tracciato fino all’Ottocento, e di cui si ha menzione nelle carte topografiche storiche, con il nome di Via della Neve e Vico della Neve.

Basta un po’ di fantasia, dunque, per viaggiare attraverso i secoli e vedere rinascere le strade e le case dell’antica Messina, immaginarci i suoni, i colori, la vita di tutti i giorni: ed ecco quindi che anche un piccolo museo archeologico con la sua piccola area di scavi può tramutarsi, per i visitatori interessati, nell’oblò di una meravigliosa macchina del tempo…

Gianpaolo Basile

Foto: Giulia Greco