Operazione Matassa, che le nostre eccellenze siano gli unici esempi da seguire

Universome Redazione
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confstampa-696x522In riva allo stretto il confine tra la legalità e l’illegalità è molto sottile e sotto certi aspetti quasi impercettibile.

Nel corso degli ultimi mesi le cronache nazionali, hanno scoperchiato il sistema criminoso orchestrato da Massimo Carminati che ha messo letteralmente in ginocchio Roma. Ciononostante tutti noi, eravamo convinti che queste dinamiche delinquenziali fossero limitate ad essere circoscritte nei grandi centri di potere e che non potessero mai attecchire nella città di Messina.

Forse ci sbagliavamo, o probabilmente abbiamo la memoria troppo corta. Non è necessario andare troppo indietro nel tempo, infatti nel 1998 l’allora Vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nichi Vendola definì la nostra città un vero e proprio “verminaio”. La suddetta definizione è ascrivibile ad una serie di indagini che misero in luce una vera e propria compravendita di titoli accademici che vide una serie di intrecci tra mafia, massoneria e vari gruppi di potere. Convinti che l’alba del nuovo millennio fosse stata capace di spazzare via ogni brutto ricordo, ci siamo progressivamente convinti che Messina potesse tornare ad assurgere al ruolo di provincia “babba” che da sempre l’ha contraddistinta. Tuttavia probabilmente all’ombra del pilone non è cambiato nulla. Anzi, forse la corruzione e tutti i metodi da essa derivante si sono affinati e sotto determinati aspetti quasi migliorati.

Infatti non dovremmo scandalizzarci, quando la mattina di giovedì al nostro risveglio i media locali riportavano la notizia dell’operazione portata a termine dalla Questura e dalla DDA che ha smascherato un sistema di compravendita di voti in cambio, di posti di lavoro e di favori a titolo personale. Nonostante la suddetta operazione abbia visto porre  in essere le misure cautelari a 35 persone, tra i quali anche un ex membro ed un attuale membro del civico consenso, il dato più allarmante è identificabile nei rapporti di forza che uno sparuto manipolo di persone ben radicato all’interno della periferia messinese possa esercitare in seno ad un organo rappresentativo dello stato. Premettendo che gli imputati soggetti alle suddette misure cautelari avranno il tempo e le sedi opportune per chiarire, confutare o smentire le suddette accuse. Aggiungendo altresì il principio giuridico della presunzione d’innocenza garantito per prassi dalla Costituzione e secondo la quale un imputato è considerato non colpevole sino a che non sia provato il contrario.

Sarebbe doveroso incentrare il dibattito squisitamente in una dimensione etica e morale. Purtroppo il quadro che emerge dalla seguente inchiesta è pressoché drammatico. Infatti la disperazione, la fortissima conflittualità sociale presente in determinate zone del nostro territorio, l’emarginazione ed una manchevole presenza delle istituzioni fanno si che i soggetti più deboli possano divenire vittime inconsapevoli di un sistema becero e malato. Il dato più sconfortante è che oggi probabilmente alcuni di noi, sono venuti a conoscenza dell’ altra faccia della medaglia della nostra città. A pochi chilometri dalle nostre case, vivono persone come noi ma che forse non hanno avuto la nostra stessa libertà di scelta.

Alla luce dei fatti un’inversione di marcia risulta doverosa nel rispetto di quella che è la tradizione culturale di Messina che da sempre ha rappresentato un fiore all’occhiello della civiltà occidentale. Basti pensare al 1866 quando l’intera cittadinanza elesse deputato per due volte consecutive Giuseppe Mazzini, all’epoca esule a Londra e condannato in contumacia alla pena capitale. Prescindendo dalle dinamiche clientelari, dagli appalti, dai posti di lavoro, dai padrini e dai notabili la nostra città e i suoi abitanti meritano molto di più di quello che in questi anni i fatti di cronaca e le inchieste giudiziarie  ci hanno dimostrato. Che la nostra storia, le nostre tradizioni e le nostre eccellenze siano gli unici esempi positivi da seguire.

Simone Coletta